La versione ufficiale sulla morte di Vincent Van Gogh è che l’artista, in preda a crisi depressive, ridotto sul lastrico e incompreso da tutti, si sarebbe tolto la vita sparandosi al petto.
UCCISO DA UN RAGAZZO – Ma oltre un secolo dopo due scrittori americani hanno rimesso in discussione la tesi del suicidio, sostenendo che in realtà a sparargli sarebbe stato un teenager. Come scrive Daniel Bates sul Daily Mail, i ricercatori Steven Naifeh e Gregory White Smith sono certi del fatto che Van Gogh sia stato ferito a morte dal giovane fratello di un amico che si divertiva a stuzzicare e provocare l’artista infermo mentalmente. Durante una discussione nella città francese di Auvers-sur-Oise nel 1890, il ragazzo avrebbe aperto il fuoco con una pistola. I ricercatori delineano anche un’altra teoria, e cioè che a sparare a Van Gogh sarebbero stati due ragazzi del posto che stavano giocando con una pistola mal funzionante.
PREMIO PULITZER – Naifeh e Smith, che hanno vinto il Premio Pulitzer per la loro biografia dell’artista americano Jackson Pollock, hanno trascorso dieci anni a compiere ricerche per il loro libro, pubblicato in questi giorni nel Regno Unito. Nel volume “Van Gogh: La Vita”, affermano che l’impressionista olandese “non sapeva nulla sulle pistole” e che “nessuna arma da fuoco è mai stata trovata” né nel punto in cui si sarebbe sparato né da qualsiasi altra parte. E concludono che nella storia personale di Van Gogh si è verificata “una lunga serie di violenti litigi”, suggerendo che un diverbio di qualche tipo possa essere stata la sua rovina. Secondo la versione ufficiale sulla sua morte, Van Gogh ha solo 37 anni quando la sera del 27 luglio 1890 si reca in un campo ad Auvers-sur-Oise e si spara al petto con un revolver.
L’ANGOLATURA DEL PROIETTILE – Ma secondo la ricostruzione di Naifeh e Smith, ci sarebbero delle prove evidenti che smentirebbero l’ipotesi del suicidio. Anche perché Van Gogh non ha lasciato nessun messaggio suicida e la pallottola che lo ha ucciso è entrata nel suo corpo “da un angolo obliquo e inusuale, e non frontalmente come ci si potrebbe aspettare nel caso di un suicidio”. Dopo essere rimasto ferito dal colpo d’arma da fuoco, il pittore è stato in grado di ritornare a piedi nel villaggio.
COPRI’ IL SUO ASSASSINO – Qui è stato curato da due medici, nessuno dei quali aveva però le capacità necessarie per estrarre il proiettile con un’operazione chirurgica. Il giorno dopo si è quindi creata un’infezione che ha iniziato a svilupparsi portandolo alla morte nell’arco di 29 ore. Negli ultimi attimi che gli restavano da vivere il pittore avrebbe raccontato di essersi sparato, mentendo per proteggere il ragazzo o i ragazzi. “Coprendo così il suo stesso assassino”, come ha raccontato Naifeh durante un’intervista trasmessa dalla CBS. Leo Jansen, curatore del Van Gogh Museum ed editore delle lettere dell’artista, ha dichiarato all’Associated Press che la biografia è un “grande libro”, ma che gli esperti hanno dubbi sulla teoria innovativa. E ha sottolineato: “Per ora non possiamo dirci d’accordo con le loro conclusioni, perché riteniamo che non ci siano abbastanza prove”.
INTERVISTA MISTERIOSA – Nello stesso tempo, non ci sono mai state trovate delle prove indipendenti neppure per supportare l’ipotesi del suicidio. Per Jansen, “non esistono prove. Abbiamo soltanto la testimonianza di Van Gogh sul letto di morte”. Gli autori affermano che uno storico dell’arte che ha visitato Auvers negli anni Trenta ha raccolto delle voci degli anziani del villaggio, nati prima del 1890, secondo cui a sparare accidentalmente a Van Gogh sarebbero stati due ragazzi. Il nuovo libro cita anche l’intervista del 1956 al ricco uomo d’affari Rene Secretan, in cui quest’ultimo racconta che lui e il fratello quell’estate avevano conosciuto Van Gogh e lo avevano tormentato senza pietà. Secretan, ispirato da uno spettacolo sul Far West molto in voga nella Francia dell’epoca, prese anche in prestito una pistola dal proprietario della locanda dove dormiva Van Gogh. Ma, secondo l’uomo d’affari, l’artista gliela avrebbe rubata poco prima della sua morte.
(Pietro Vernizzi)