Nasceva 166 anni fa, il 30 maggio 1846, il gioielliere degli zar. Ma non solo. Oggi Google ricorda Peter Carl Fabergè (nonostante il cognome, era russo) noto per aver inventato le famose uova gioiello indossate anche da star hollywoodiane. La sua famiglia discendeva da ugonotti francesi fuggiti in Russia e anche il padre era gioielliere, ma fu Peter Carl Fabergè a ritagliarsi un ruolo ancora oggi ammirato nella storia di questa arte per ricchi. Nel 1885 lo zar Alessandro III gli chiese come regalo per festeggiare i vent’anni di fidanzamento con la moglie l’imperatrice Maria Dagmar di Danimarca, uno speciale uovo di Pasqua. Peter Carl Fabergè, che era già apprezzato a corte per i suoi lavori, ideò un uovo di colore bianco con smalto opaco costruito a scatole cinesi, o meglio, come le famose matrioske russe. Dentro infatti c’era un tuorlo d’uovo che a sua volta conteneva una gallina d’oro e dentro alla gallina una copia in miniatura della corona imperiale con un rubino a sua volta a forma d’uovo. Da allora Fabergè si specializzò in uova miracolose, quasi sempre d’oro contenenti altre uova o oggetti preziosi il cui significato era noto solo agli zar. Un uovo di Fabergè si vede anche in un famoso film di James Bond, “Agente 007 Octopussy – Operazione piovra” quando l’agente segreto impersonato da Roger Moore combatte con il principe afgano Kamal Khan per il possesso di un uovo di Fabergè. Di fatto, il gioielliere dovette interrompere la sua attività con lo scoppio della rivoluzione, fuggendo in Svizzera dove morì pochi anni dopo, nel 1920, rimpiangendo i giorni dello sfarzo della corte degli zar. E proprio di questa corte che viveva nel lusso e dei gioielli di Fabergè IlSussidiario.net ha chiesto un commento al professor Adriano Dell’Asta. Sicuramente” ci ha detto “c’era in atto una contraddizione evidente tra lo sfarzo della corte, sfarzo ben rappresentato dagli stessi gioielli di Fabergè. Di lì a pochi anni mentre la sua arte cresceva crescevano anche le contraddizioni della società russa”. Per Dell’Asta per certi versi “sono le stesse contraddizioni di cui viveva l’epoca, ad esempio la contraddizione fra l’ideologia ottocentesca del progresso e della belle époque e poi l’esplosione che fu quel cataclisma della Prima guerra mondiale”. Dunque una contraddizione reale tra il lusso e lo sfarzo degli zar e il popolo russo: “Va precisato che il Paese era sì in una situazione di arretratezza molto grave soprattutto dal punto di vista politico, ma proprio nell’ultimo scorcio di ottocento e nei primi del novecento la Russia era in una fase di crescita tumultuosa dal punto di vista industriale e dell’agricoltura. Oggi gli economisti riconoscono questo elemento. Poi c’era una incertezza politica fortissima che si manifestava in una corruzione grande e in una mancanza di una dialettica che ancora non si era formata, cioè una struttura politica alternativa”. In questo contesto di contraddizione sfocia la rivoluzione comunista: “Teniamo conto che su questa arretratezza politica e prima della rivoluzione giocò un ruolo molto forte il terrorismo, un elemento che ancora oggi e per tanti decenni è stato ignorato. Si comincia solo oggi attraverso lavori di archivio e non contrassegnati ideologicamente ad avere una conoscenza del fenomeno del terrorismo di cui i nostri libri di testo non hanno le dimensioni esatte”. Queste erano le contraddizioni del periodo storico in cui Fabergè produceva le sue affascinanti uova misteriose: “Contraddizioni a fianco di una ricchezza che si stava diffondendo ma che certo non aveva toccato neanche lontanamente tutto il Paese. Lo sviluppo dell’industria è un dato innegabile, il primo formarsi di una società civile dopo le prime riforme sulla campagna che cominciavano a funzionare. Poi ci fu la tragedia della guerra e quella della rivoluzione”. La rivoluzione comunista scoppia mentre la Russia subisce una sanguinosa disfatta militare. Viene da chiedersi se non ci fosse stato il coinvolgimento nella Prima guerra mondiale, se la Russia non avrebbe potuto evolversi democraticamente senza arrivare alla rivoluzione: “La storia non si fa con i sé e con i ma. La storia è il campo della libertà, c’erano tutti gli elementi di una rinascita di una religiosità capace di dare ragione alla propria tradizione cosa che era mancata per molto tempo. Se non ci fosse stata la guerra? Noi non possiamo avere la pretesa di identificare in un fatto solo ed esterno il motivo dell’evolversi della storia, non sappiamo come avrebbe reagito la libertà degli uomini. Anche la rivoluzione è stata frutto della libertà degli uomini”.
Cosa resta dunque dello zarismo a parte le splendide chiese, i palazzi reali e le uova d’oro di Fabergè? Forse la grande coscienza religiosa che è sempre rimasta nel popolo russo anche durante la dittatura comunista? “In realtà la religiosità nel cuore dell’uomo è rimasta non grazie allo Zarismo. Non è mai grazie al potere che ll cuore dell’uomo resta quello che è. Lo zarismo non fece nulla per mantenere questa religiosità. Essa rimane nel cuore dell’uomo perché è un dato di fatto inestirpabile”.