Dodici milioni, 718mila e 641. E’ il numero degli italiani che il 2 giugno 1946 votò a favore della Repubblica. Oggi si celebra la “Festa della Repubblica”, pur tra le polemiche di avrebbe voluto – e sono molti tra gli utenti di Facebook e Twitter – che oggi non si tenesse alcuna marcia celebrativa per destinare le risorse al sostegno delle vittime del terremoto in Emilia Romagna. Ma che significato ha, storicamente e oggi, la “Festa della Repubblica”? Cosa rappresenta per l’Italia quando ricorrono anche i 150 anni dall’unità e che lo stesso motore di ricerca Google (in una virtuale “battaglia internet” con gli utenti ribelli di Twitter e Facebook) decide di celebrare con il suo logo personalizzato (doodle)? Edoardo Bressan, professore di Storia contemporanea all’Università di Macerata, rilegge la festa del 2 giugno alla luce del suo significato storico. Le radici di questa festa risalgono a quando la Casa reale dei Savoia, responsabile di avere “abdicato” in favore di Benito Mussolini e del Fascismo, non fu giudicata degna di riprendere il suo ruolo dopo essersi macchiata di 20 anni di ignavia e della fuga del Re Vittorio Emanuele III che il 9 settembre 1943 abbandonò Roma nelle mani dei Nazisti. Lo stesso 2 giugno 1946 gli italiani elessero la nuova Assemblea costituente, con un voto che vide il trionfo dei cattolici e che preparò una nuova base per la vita civile in grado di garantire al Paese uno sviluppo economico, una partecipazione politica e un fondamento democratico che non sono mai venuti meno.
Il 2 giugno ’46 divise gli italiani. Oggi la festa della Repubblica è in grado di unirli?
Sì. Anche allora del resto, al di là delle polemiche, il fatto di affidare al popolo la decisione sulla forma istituzionale mise al riparo la scelta da possibili richieste di tornare alla Monarchia, che sarebbero apparse subito improponibili. E’ un dato acquisito come punto pacifico di convivenza intorno non soltanto alla Repubblica ma anche alla Costituzione. Ricordiamo che l’Assemblea costituente avrebbe dato una nuova Costituzione all’Italia anche in caso di vittoria monarchica. L’idea era quella di un nuovo patto tra Stato e cittadini. In occasione della festa del 2 giugno vanno quindi ricordati entrambi gli aspetti, sia il referendum in cui vinse la Repubblica, sia le elezioni per l’Assemblea costituente. Con una singolare analogia con quanto compiuto dall’Italia liberale, che alla prima domenica di giugno celebrava la festa dello Statuto e dell’Unità nazionale.
Perché la maggioranza degli italiani si espresse per la Repubblica?
Sia per una preferenza per la forma repubblicana, sia perché aveva ritenuto, credo con buone ragioni, che la Casa reale dei Savoia, nonostante i meriti risorgimentali, non fosse più all’altezza di essere a capo della nazione.
Quali scelte pesarono di più?
Soprattutto le ripetute compromissioni di Vittorio Emanuele III con il Fascismo, nel 1922, nel 1924, in occasione dell’alleanza della Germania, delle leggi razziali e dell’entrata in guerra. Pesò inoltre l’elemento dell’abbandono di Roma da parte del Re nel 1943. Si ritenne che la Monarchia nell’ultimo quarto di secolo non avesse rappresentato adeguatamente il suo ruolo. Anche lo Statuto albertino del resto si era rivelato uno strumento inefficace nell’impedire l’affermazione di un regime tendenzialmente totalitario, o pienamente totalitario come afferma qualcuno, quale fu il Fascismo. Bisognava quindi voltare pagina.
Quale fu il ruolo dei cattolici nel passaggio alla Repubblica?
La cultura politica dei cattolici giocò un ruolo determinante sia nel passaggio alla Repubblica sia nell’elaborazione della nuova Costituzione. Il senso della nostra stessa convivenza civile nasce dal patto che le grandi culture politiche e le grandi forze popolari che si erano opposte al Fascismo hanno ritenuto di dover stringere per dare una nuova base alla vita civile e democratica, che mette al centro i diritti della persona, il pluralismo sociale e la solidarietà. I risultati stessi delle elezioni per l’Assemblea costituente, con la grande affermazione della Democrazia cristiana, ma anche del Partito socialista e del Partito comunista, premiarono quanti rappresentavano dei punti di riferimento per una parte importante anche numericamente del popolo italiano. Bisognava riprendere la vita politica su nuove basi e così avvenne.
Queste nuove basi istituzionali si rivelarono adeguate nel tempo?
Certamente sì, sarebbe antistorico negarlo. E’ sotto gli occhi di tutti il grande sviluppo che il Paese ha conosciuto, la partecipazione politica che l’ha sostenuto e il fondamento democratico che non è mai stato messo in discussione.
(Pietro Vernizzi)