Papa Francesco, nel suo messaggio per la Quaresima, ha recentemente contrapposto l’amore di Dio che “gli impedisce di essere indifferente a quello che ci accade” ad una “globalizzazione dell’indifferenza”; quasi che quest’ultima, l’indifferenza, fosse un peccato mortale, da cui purificarsi in tempo di Quaresima, e non una semplice distrazione, una leggerezza il cui debito è presto saldato da un my most sincere apologies, una scusa educata. Per il Pontefice essa è anche male universale perché costume radicato, diffuso e persistente. Voce di uno che grida nel deserto, lo stesso che si è dichiarato “convinto che noi stiamo vivendo una terza guerra mondiale a pezzi, a capitoli, dappertutto” a novembre 2014, rientrando dal viaggio apostolico in Turchia? E che ha felicemente annunciato un sorprendente Giubileo straordinario di un «Dio ricco di misericordia» (Ef 2,4).
About suffering they were never wrong,
The old Masters: how well they understood
Its human position: (…)
In Breughel’s Icarus, for instance: how everything turns away
Quite leisurely from the disaster; the ploughman may
Have heard the splash, the forsaken cry,
But for him it was not an important failure; the sun shone
As it had to on the white legs disappearing into the green
Water, and the expensive delicate ship that must have seen
Something amazing, a boy falling out of the sky,
Had somewhere to get to and sailed calmly on.
(“Musée des Beau Arts”, W.H. Auden)
Sulla sofferenza non sbagliavano mai,
gli antichi maestri: come capivano bene
l’atteggiamento umano: (…)
Nell’Icaro di Bruegel per esempio: come ogni cosa si allontani
del tutto estranea al disastro: il contadino può
avere udito il tonfo, il grido desolato,
ma per lui non era un fallimento importante. Il sole splendeva,
com’era giusto che facesse sulle gambe bianche che stavano scomparendo nel verde dell’acqua, la nave ricca e delicata che doveva aver visto
qualcosa di stupefacente, un ragazzo che cadeva dal cielo,
aveva un qualche posto da raggiungere e proseguì calma calma.
Quadri della scuola fiamminga nel Museo delle Belle Arti di Brussels, fra cui Landscape with the Fall of Icarus attribuito a Pieter Bruegel the Elder, l’occhio di un poeta versatile ed affascinante come era Auden, un momento storico quale il dicembre 1938, post una prima guerra mondiale, pre una seconda, e con la notte dei Cristalli fra il 9 e 10 novembre 1938, con sessanta sinagoghe bruciate e trentamila ebrei o trucidati o deportati, ed ecco il risultato.
L’aratore in primo piano con la sua bella giubba colorata sta chino sul suo aratro e guarda a sinistra, come la bella navicella delicata che procede placida verso la destinazione già convenuta, e su tutto troneggia, come doveroso in tale splendida giornata, un sole giallo sulla stessa diagonale del modesto aratore; non è che non abbiano udito il grido, non è che non abbiano visto qualcosa di straordinario.
Ma tale è the human positionquanto si tratta della sofferenza. Il volo disastroso di un giovane irresponsabile, ma certo evento paragonabile per la sua eccezionalità alla miraculous birth (la nascita miracolosa, forse quella di Cristo in una delle tante Natività) e il dreadful martyrdom (la morte di Cristo, forse, in una delle tante Crocifissioni, o di uno dei suoi seguaci moderni con una tunica arancione addosso e la testa mozzata in mondovisione) dei versi precedenti, è un piccolo insignificante dettaglio nell’angolo destro di un quadro di 70 centimetri per un metro. Un piccolo nulla solo rilevabile dal titolo.
La maestria di Auden restituisce la potenza espressiva del quadro non solo per come cattura i dettagli compositivi alla luce di un significato unitario, ma per il conversational tone che adotta, la posa accuratamente studiata di chi osserva il quadro e in una serie di versi solo apparentemente liberi dipana il pensiero in enjambements continui, con apposizioni decisamente sorprendenti quali il boy falling out of the sky che, con totale nonchalance, riduce il volo di Icaro, mito fra altri del “folle volo” di cui l’umana natura non sembrerebbe poter fare a meno, alla banalità di un ragazzo che cade giù dal cielo come potrebbe fare un passero abbattuto da morte improvvisa. E certo in tale mortale distrazione, in questa “globalizzazione dell’indifferenza”, che senso avrebbe dire che There is a special providence in the fall of a sparrow (“C’è una speciale provvidenza nella caduta di un passero”)? Amleto, si badi bene, non qualche predicatore cattolico o di altro credo similare.
Indifferenza, forse il nome moderno di un antico vizio, l’accidia, la “negligenza nell’operare il bene e nell’esercitare le virtù”. Tale per cui la scelta annunciata da Monica Maggioni di non trasmettere più i filmati dell’Isis su Rainews non è forse ancora atto di umana compassione e carità, ma è certo, nel contesto attuale e per un giornalista, esercizio di virtù. Perché, per atto di astensione, rifiuto di un orrore globalizzato che diventi globale indifferenza.