Chiunque abbia incontrato, anche solo di sfuggita, monsignor Lorenzo Albacete (1941-2014) è rimasto indelebilmente segnato dall’esperienza di una personalità eccezionale. Monsignor (con l’accento sulla “i”, come era universalmente conosciuto dai suoi amici americani) continua a commuoverci nel ricordo per il suo stupefacente calore umano, per la sua fede profonda e intelligente, per la sua genialità e per il suo indomabile senso dell’umorismo. Tutte queste caratteristiche sono ben riconoscibili nella breve raccolta di scritti recentemente pubblicata in Italiano da Marietti col titolo Realtà e ragione.
Il volumetto (91 pagine) contiene sei testi datati fra il 1996 e il 2009, aventi come filo conduttore uno dei temi più cari ad Albacete: il rapporto tra la fede cristiana e la cultura. Tre dei sei pezzi sono trascrizioni di presentazioni al comitato scientifico del Crossroads Cultural Center di New York, di cui Albacete fu presidente e guida spirituale negli ultimi dieci anni della sua vita. Ciò che salta immediatamente agli occhi è che per Monsìgnor la questione fede-cultura non aveva niente di astratto. Si trattava invece di un riflesso, di un corollario di quella che era la grande questione della sua vita: Cristo come la chiave per comprendere e amare la realtà, e viceversa l’interesse umano per la realtà come la strada per arrivare a Cristo.
La frase di apertura del primo testo (che fu originariamente scritto per la prima riunione del comitato scientifico di Crossroads) dice tutto: “La cosa più stupefacente che propongo durante i miei viaggi e le mie conferenze è che Cristo è interessante, e che nulla se non una pura risposta a qualcosa di interessante, ci muove verso di Lui. La ragione stessa per cui ci alziamo al mattino è Cristo”. Questo era probabilmente l’aspetto di Albacete che più colpiva chi lo incontrava, fossero essi cristiani o atei, di destra o di sinistra, colti o incolti: la sua straordinaria purezza, nel senso di essere completamente libero da ogni dualismo fra vita e fede. “C’è solo una cosa che stiamo cercando: se c’è un nesso tra Cristo e il reale, e se sono inseparabili, allora qualsiasi consapevolezza dell’uno conduce all’altro”.
La profonda unità umana ed intellettuale della posizione di Albacete si riflette poi anche al livello culturale, e da scacco a ogni tentazione di clericalismo: “la cultura si definisce in termini di come guardiamo alla realtà, di come guardiamo e facciamo esperienza della realtà. Quello che vi propongo è che la vera scelta è fra una cultura chiusa alla realtà in tutte le sue dimensioni ed aspetti e una aperta ad essa. […] Siamo qui semplicemente per rendere testimonianza della nostra fede, ma anche per viverla con la baldanza che la fede stessa ci dona, per comprendere cosa sia reale, cosa si vede e si vive. Di nuovo, questo risveglia l’interesse e, con l’interesse, la luce. Questa è l’unica strada”.
Questa resta l’unica strada, e siamo grati che ci siano stati dati amici come monsignor Albacete che ce l’hanno indicata e che l’hanno seguita fino in fondo.