È morta Amalia Signorelli, l’antropologa che si è fatta conoscere al grande pubblico nei salotti televisivi. Da Ballarò a DiMartedì, passando per Fuori onda, Otto e mezzo e Servizio pubblico: queste le trasmissioni di cui è stata opinionista con straordinaria eleganza ed educazione. Le sue critiche, spesso molto dure, colpivano sempre nel merito, ma i suoi commenti erano espressi con un approccio pacato, insolito nei talk show. È morta all’età di 83 anni a Roma. Sabati si terranno i funerali al Tempio Egizio del Cimitero del Verano. Allieva di Ernesto de Martino, è stata una studiosa delle migrazioni e dei processi sociali e culturali del Meridione d’Italia. Giornalista dal 2014 per il Fatto Quotidiano, nei suoi articoli, saggi e libri si è occupata dei processi di modernizzazione e del cambiamento culturale nell’Italia meridionale, oltre che di migrazioni, clientelismo, trasformazioni, culture urbane e della condizione femminile.
GLI STUDI E LA CARRIERA
Nata a Roma nel 1934, Amalia Signorelli si è laureata nel 1957 discutendo la tesi diretta da Ernesto de Martino, conosciuto mentre teneva un discorso di etnologia, a Roma. Con il celebre studioso, insieme a Tullio Seppilli e Angela Zucconi, ha collaborato per importanti programmi di ricerca. È stata anche insegnante di scuola media in Calabria, poi professoressa ordinaria di antropologia culturale nelle università di Urbino, Napoli, Roma, Parigi e Città del Messico. Nel 1977 scrisse “Scelte senza potere. Il rientro degli emigrati nelle zone dell’esodo”, poi continuò ad occuparsi di migrazioni anche come consulente della Cee e dell’Ilo. Il saggio “Movimenti di popolazioni e trasformazioni culturali” è uno dei capitoli della Storia dell’Italia repubblicana, pubblica da Einaudi. Il libro “Antropologia urbana”, pubblicato nel 1996, è stato tradotto anche in spagnolo. Il suo ultimo libro è “Ernesto De Martino: teoria antropologica e metodologia della ricerca” (L’Asino d’oro, 2015).