STEFAN WYSZYNSKI DIVENTA “VENERABILE”
A sbloccare la causa che ora potrebbe portarlo verso la beatificazione è stato Papa Francesco dopo una “empasse” che durava da tanto tempo, dal momento che il primo a muovere un passo in tal senso fu proprio il suo connazionale Karol Wojtyla, di cui fu peraltro uno dei sostenitori nella salita al soglio pontificio: il cardinale polacco Stefan Wyszynski, scomparso oramai nel lontano 1981, da adesso è venerabile dato che sono state riconosciute le sue virtù eroiche non solamente durante la Seconda Guerra Mondiale, quando dovette sfuggire alla Gestapo, ma anche nel tormentato dopoguerra in Polonia, con l’avvento del regime comunista e il sodale del futuro Giovanni Paolo II a ergersi a baluardo della religione contro le persecuzioni ordinate da Mosca, diventando di fatto una sorta di padre della patria e difensore della Chiesa stessa, a partire dal celebre episodio del “Non possumus” del settembre del 1953.
IL PADRE DELLA CHIESA POLACCA
Dunque, è stato grazie all’intervento di Papa Bergoglio che Stefan Wyszynski potrebbe presto diventare beato e, grazie proprio alla causa di canonizzazione, stanno venendo a galla alcuni aspetti poco noto dell’avventurosa vita di questo cardinale nato a Zuzela nel 1901, non solo riguardo la sua giovinezza e gli anni di prigionia che dovette scontare per aver tenuto testa alle ingerenze del Cremlino e del KGB nella Chiesa cattolica polacca, ma anche per la sua profonda spiritualità mariana di cui non tutti erano a conoscenza. Il decreto che ne attesta le suddette virtù eroiche è arrivato dopo che la pratica aveva subito dei rallentamenti, soprattutto a causa dei ritardi nella compilazione della “Positio super virtutibus”, basata su documenti, testimonianze e riflessioni dello stesso primate polacco, al quale sarebbe forse attribuibile anche una guarigione miracolosa. Ad ogni modo, più importante è il ruolo che ebbe nel fronteggiare l’imperialismo sovietico, soprattutto in un momento in cui le truppe di Mosca erano pronte a invadere la Polonia: la sua mediazione, pur senza mai derogare alla libertà di culto della Chiesa cattolica, fu decisiva e assicurò al tempo stesso la sopravvivenza dello Stato.
IL “NON POSSUMUS” E LE SUE CONSEGUENZE
Di particolare rilevanza fu soprattutto ciò che accadde nei primi Anni Cinquanta, subito dopo che in Polonia fu revocata (era il 1950) la libertà di culto e l’autonomia della Chiesta stessa: una conseguenza di quella decisione, con la quale il regime si rimangiò un precedente accordo, fu che a Stefan Wyszynski fu impedito di recarsi a Roma di persona per ricevere dall’allora pontefice, Pio XII, l’ambita berretta cardinalizia. In quella circostanza, di suo pugno, il primate scrisse una lettera (la celebre “Non possumus”) con la quale criticava duramente quella decisione e spiegava che “sull’altare di Cesare non possono essere sacrificate le cose di Dio”: come è noto, il “Non possumus” è la locuzione latina che Pietro e Giovanni pronunciarono a quanti chiedevano loro di non predicare il Vangelo e anche nelle parole del neo-cardinale serviva a opporre un netto rifiuto alla limitazione della libertà imposta dal regime comunista polacco. Tuttavia, proprio quella lettera costò, a partire dal 1953, a Wyszynski l’arresto e una dura repressione ai danni di altre personalità di spicco della Chiesa locale. Cominciò allora il periodo di prigionia di tre anni che lo vide segregato in diversi luoghi, tutti tenuti segreti, e che però fece nascere in lui la fede mariana: “Adesso non posso servire la Chiesa e la patria col mio lavoro, ma lo faccio con la preghiera” ebbe a dire. E, una volta uscito, fu proprio la lettera del “Non possumus” a diventare uno dei capisaldi della Chiesa polacca e della sua indipendenza dallo Stato, ottenendo una libertà di culto e delle concessioni che in quegli anni non furono riscontrate in nessuno degli altri Paesi dove vigeva un regime sovietico.