Non sono questi tempi in cui si piangono i giganti. Perciò, forse, non ha fatto troppo rumore la morte di uno degli ultimi, Derek Walcott (1930-2017), il “negro rosso” che dalla sua stanza nei Caraibi ha voluto rivivere e riscrivere l’epica e il respiro ampio di un Occidente in via di suicidio.
Epica e respiro perché questi — se dovessimo dirlo in due parole — sono stati i suoi tratti distintivi. Epica e respiro perché di quell’Occidente colonico e della sua arte più eccelsa Walcott, che diceva di sé essere “un negro rosso che ama il mare” fu strenuo amante. Perché almeno quando i giganti se ne vanno bisogna dirselo, dannazione, bisogna chiedersi se l’arte è un gioco e se creare e godere “le gioie intellettuali dei sensi” sono — come scriveva Eliot — già un servizio a Dio o niente più che un gradevole gioco di società per ammazzare il tempo in attesa che il tempo ammazzi noi.
Bisogna chiedersi, una buona volta, se è vero che — è sempre Eliot a parlare — un giudizio è “qualcosa che modifica la sensibilità di chi lo esprime” e che perciò ogni volta che si dice “questo è bello” si segna un punto di non ritorno nella storia dell’anima nostra e universale. Bisogna dirsi, insomma, se epica e respiro sono suggestioni, categorizzazioni da catalogo o strade segnate per la vita di tutti, perché non si capisce, altrimenti, come i maggiorenti della poesia e della cultura di oggi possano inondare Facebook di post che lodano l’epica di Walcott e al contempo scrivere come il peggior Corazzini: vergognosi, miserelli e con un’ampiezza di sguardo che va dal tinello al pianerottolo, quando va bene.
Non così Walcott, non così, e allora rileggiamolo, usiamo il suo sguardo per guardare e fare nuove le cose: perché se è vero che lui ci ha parlato dei suoi Caraibi, ci ha anche testimoniato un modo di unire intelletto e senso, di guardare accadere le cose, di carpirle e restituirle in un accadere perpetuo, in una parola e in una pagina ferme e misteriosamente in movimento, in dialogo tra lui che scrive — e anche adesso che non c’è più continua a farlo al tempo presente — e noi che, per fortuna o per brama di vivere, continuiamo a farci il dono di leggerlo.
Mappa del Nuovo Mondo
Finita questa frase, pioverà.
Al fondo della pioggia, una vela.
Lenta la vela perderà di vista le isole;
nella foschia si perderà la fede nei porti
di una razza intera.
La guerra dei dieci anni è terminata.
Elena, i suoi capelli, una nuvola grigia.
Troia una ceneriera bianca
avanti al gocciare del mare.
Il gocciolio si tende come la corda di un’arpa.
Un uomo dagli occhi di nuvola coglie la pioggia
e pizzica il primo verso dell’Odissea.
(Traduzione di Daniele Gigli)