Istanbul è una città colorata. Ormai è impossibile non saperlo, quella di Özpetek è rossa, dopo il libro pubblicato nel 2013 (Rosso Istanbul) la storia ora la si può anche vedere nelle sale. Se Özpetek racconta la superficie di Istanbul tramite tante storie d’amore e l’inesorabile bellezza di una città, Burhan Sönmez nel suo terzo romanzo Istanbul Istanbul (Nottetempo, 2016) racconta un’Istanbul sotterranea e lo fa tramite le storie di quattro uomini che si trovano in una cella.
Il racconto si racchiude in dieci giorni ma il concetto del tempo è diverso del solito; come dice uno dei protagonisti, Il Medico, mentre racconta il secondo giorno, “Nel dolore, il tempo invece di scorrere si fa profondo”. Come la città di Istanbul, che oscilla tra l’Occidente e l’Oriente, segue la ragione ma vive col cuore, è affascinata dalla materia ma non smette di farsi amare dallo spirito, anche la cella di Sönmez è piena di contraddizioni. Bilge Karasu (scrittore e traduttore turco, 1930-1995, ndr) dice che “dove c’è la disperazione c’è la speranza”; questa affermazione in Sönmez diventa un’esperienza vissuta e anche là dove la violenza dell’uomo sull’uomo diventa un mestiere, si può trovare tanta bellezza. La bellezza delle storie e di una memoria lucidissima, proprio laddove l’uomo vorrebbe dimenticare tutto. Sönmez nella sua Istanbul sotterranea ci fa vedere che la tortura più grande, forse, è lo spietato ricordo di una mamma che muore, prima anche di morire. La bellezza di una donna sta invece nel suo credere in una storia grande che, con il suo silenzio materno, nonostante tutto il dolore carnale, viene scritta in un posto ora conosciuto ai lettori di Sönmez.
In questo libro il dolore è personale, mentre la tortura rispecchia un ricordo collettivo dove anche i momenti più intimi fanno parte di una storia mai raccontata. L’autore crede nel bene, al contrario del suo protagonista Kamo che non crede nel bene, o meglio, nella capacità dell’uomo di fare del bene. Se no, perché mai la sua protagonista dovrebbe raccontare la storia di due suore che attraversano il ponte di Galata in un giorno così freddo (o caldo)?
Il titolo del libro non è una scelta casuale perché tutte le storie raccontate nel sotterraneo costruiscono un mosaico di Istanbul. Anzi, non sarà proprio Istanbul la vera protagonista del libro, come succede nei racconti del grande Yasar Kemal dove l’Anatolia, con tutta la sua bellezza e crudeltà, accompagna tutti i protagonisti anche nelle vicende più intime?