Era il 12 settembre di dieci ani fa quando la moglie di David Foster Wallace, lo scrittore più osannato della sua generazione, 46 anni, lo trovò impiccato a una trave del soffitto della loro abitazione. Wallace si curava per depressione sin da quando aveva vent’anni, per il padre quelle cure erano state la cosa che lo aveva fatto diventare quello che era. Ma come sempre in caso di suicidio, la verità la conosce solo chi si uccide. La sua carriera era cominciata con il libro La scopa infinita, pubblicato appena 25enne nel 1987, e da subito era stato osannato come esordiente geniale e talentoso. Il suo capolavoro è un libro mastodontico d oltre 1000 pagine, Infinte Jest, in cui Wallace si immagina un’America in guerra tra Messico e Canada e in mezzo le disavventure di alcuni studenti di college tra centri commerciali, palestre di fitness e tutto quello che rende i giovani di oggi creature senza un destino.
DAVID FOSTER WALLACE, A 10 ANNI DALLA SUA MORTE
Con la sua opera aveva infatti invitato costantemente a liberarci dalle pressioni esterne per coltivare una propria mentalità, a scegliere di essere liberi invece che schiacciati da sistema. In questi giorni, in occasione dell’anniversario, con particolari anche crudi, la ex moglie Karen Green ha pubblicato il libro Il ramo spezzato in cui racconta la loro vita insieme fino a quel 12 settembre di dieci anni fa. “Ciascuno di noi nel mondo reale soffre da solo, la vera empatia è impossibile. Ma se un brano di letteratura ci permette, tramite l’immaginazione, di identificarci con il dolore di uno dei protagonisti, allora potrebbe anche risultarci meno inconcepibile che altre persone si identifichino con il nostro. È una sensazione che ci nutre, che ci redime: ci rende meno soli dentro” aveva detto in una intervista Wallace.