Caos aeroporti in tutta Europa: il D-day è il 14 aprile scorso. Il 20 marzo il vulcano islandese Eyjafjallajokull ha eruttato, e la nube di cenere, spostata dai venti, quasi un mese dopo ha invaso lo spazio aereo di diverse nazioni. Bloccando i voli nel nord Europa e propagandosi fino all’Italia. «E’ la prima volta nella storia del traffico aereo europeo che dobbiamo affrontare un’emergenza del genere», ha dichiarato Brian Flyn, vice direttore delle operazioni di Eurocontrol.
I DANNI PER LE COMPAGNIE – Secondo l’organizzazione internazionale delle compagnie aeree, International Air Transport Association (Iata), in tutto è stato pari a 100 milioni di euro l’ammontare delle perdite per le compagnie europee nei primi cinque giorni dello stop ai voli, cui si aggiungono 50 milioni per i vettori del resto del mondo. Mentre in Italia i danni causati al trasporto aereo sono stati pari a 5-10 milioni di euro. Una cifra che sale però a 80 milioni contando tutti gli effetti per l’economia nazionale. Con la filiera agroalimentare che da sola ha perso 10 milioni di euro e il turismo nel Nord Italia che ha visto sfumare 40 milioni di euro.
ADDIO GLOBALIZZAZIONE – Un evento, quello degli aerei cancellati, in grado di rimettere in discussione l’intero sistema economico dell’Europa globalizzata. Le cui distanze nella settimana dell’eruzione sono tornate ad allungarsi in modo drastico, con merci bloccate, eventi cancellati e persone disperse negli aeroporti di mezzo mondo.
L’EXPORT DELLE MERCI – «Quantificare il danno non è semplice — osserva però Luca Paolazzi, direttore del Centro studi di Confindustria, intervistato dal Corriere della Sera —. La gran parte degli scambi commerciali dell’Italia, per esempio, si concentra nell’Europa centrale e orientale. E, come sappiamo, la merce viaggia su camion (un settimo del totale, Ndr). Infine scatta un “meccanismo di sostituzione”. Le persone si arrangiano, spendono in un altro modo. Chi non prende l’aereo, viaggia in treno e così via».
80 MILIONI SFUMATI – Il commercio internazionale viaggia sui grandi numeri. In un anno nel mondo circolano sugli aerei oltre 80 milioni di tonnellate di prodotti, sia alimentari sia di altro genere. In Europa si raggiungono i 14 milioni di tonnellate, di cui 840mila tonnellate nel Belpaese (il 6% del totale europeo).
FIORI, FRAGOLE E MOZZARELLE – Tutti gli aeroporti italiani messi insieme movimentano in un anno meno della metà delle merci in transito per il solo hub di Francoforte o di Parigi. E quindi gli effetti della nube del vulcano islandese in Italia non sono stati così gravi come in altri Paesi. Le conseguenze sono state serie soprattutto per il turismo e per la filiera agroalimentare, che era già in crisi anche senza l’eruzione dell’Eyjafjallajokull. La Coldiretti ha calcolato un danno di 10 milioni di euro in una settimana per il blocco delle spedizioni dei prodotti deperibili del «made in Italy», cioè fiori, mozzarelle, fragole e frutta in generale. Penalizzati anche i produttori di vini da esportazione, per esempio sul mercato a stelle e strisce.
VIAGGI DELLA SPERANZA – Per rendersi conto dei danni al turismo e ai viaggi d’affari bastava invece osservare le code davanti alle biglietterie delle stazioni nei giorni immediatamente successivi al 14 aprile. Al punto che alcune persone hanno preferito viaggiare in taxi per centinaia di chilometri. Emblematica la scritta con cui un giapponese girava per la stazione Centrale di Milano: «Taxi sharing to Paris». Voleva dividere con altri la tariffa da 1.500 euro per il viaggio in taxi fino in Francia. Mentre qualcuno è ricorso persino all’autostop, chiedendo aiuto agli altri viaggiatori su Facebook. «Siamo bloccate a Barcellona, ma dobbiamo rientrare in Finlandia. Ecco il nostro numero di telefono, chiamateci», scrivevano due ragazze.
(Pietro Vernizzi)