Una coppia israeliana ha scelto di chiamare la loro figlia «Like», proprio come il pulsante di Facebook. I nomi più comuni per le ragazze in Israele attualmente sono Noa, Maya e Tamar. Ma Lior e Vardit Adler, di Hod Hasharon, una città a nord-est di Tel Aviv, hanno deciso di fare il possibile per evitare che la figlia avesse delle omonime nella sua classe.
NOME GRADEVOLE E ORIGINALE – «Per me è importante dare ai miei bambini dei nomi che non sono utilizzati da nessuna altra parte, come minimo non Israel», ha raccontato il padre all’agenzia di stampa tedesca «dpa». Ma come rivela il quotidiano israeliano Haaretz, la coppia ha dato dei nomi unici anche ai suoi primi due figli, forse per il loro amore per la buona cucina: Dvash (miele in ebraico) e Pie (torta in inglese). Quando hanno scelto il nome Like, il suono è stato importante almeno come il significato, ha spiegato Lior. Like ha infatti un suono gradevole e internazionale, e Facebook è diventato un’icona dell’attuale generazione. «Se un tempo le persone davano ai figli dei nomi biblici perché era quella l’icona, allora Facebook oggi è una delle più famose icone al mondo», aggiunge Lior.
L’INCREDULITA’ DEGLI AMICI – Scherzando sul fatto che Like potrebbe essere vista come una versione moderna del nome ebraico tradizionale Ahuva, che significa «prediletto». Benché sia lui sia i genitori della moglie si aspettassero un nome originale, gli amici e i conoscenti della coppia hanno reagito con incredulità. «Semplicemente non riescono a crederci – riferisce Lior -. Penso che ci saranno persone che aggrotteranno le sopracciglia, ma è mia figlia ed è questo l’aspetto più divertente». Ma alla piccola Like piacerà il suo nome? Lior dice che spera di sì. «Tra l’altro, glielo ho chiesto, ma non ha risposto», ha riso il padre.
CHIAMA LA FIGLIA «FACEBOOK» – Ma tant’è, non si tratta certo di un caso isolato: lo scorso febbraio un egiziano ventenne ha deciso di chiamare la sua neonata «Facebook», per il ruolo importante che il social network ha avuto nella rivoluzione egiziana che ha posto fine al regime di Mubarak. Il nome completo della bambina è Facebook Jamal Ibrahim e la notizia di questo curioso battesimo è stata riportata anche da uno dei quotidiani più letti d’Egitto, Al-Ahram. Non a caso è stato proprio Facebook che ha reso possibile far passare le prime voci iniziali, radunare i primi manifestanti, portare poi in piazza Tahir decine di migliaia di persone. Per le strade del Cairo, non è difficile imbattersi in scritte murali che riportano: «Thank you Facebook».
MESSAGGI IN LIBERTA’ – L’Egitto, uno dei paesi africani che gode di un maggiore sviluppo tecnologico, conta 5 milioni di utenti iscritti al social network, più di ogni altro Paese africano o medio orientale. Non appena sono cominciate le manifestazioni, il numero di iscritti è aumentato vistosamente. A partire dal 25 gennaio sono nati 32mila nuovi gruppi e 14mila nuove pagine. Non è stato solo Facebook a permettere ai rivoltosi egiziani di portare a termine vittoriosamente la loro battaglia. Anche Twitter, Youtube e perfino Google sono stati di fondamentale aiuto. Ma la scelta di questi genitori egiziani è ricaduta proprio su FB, simbolo di come i social network aiutano a lanciare messaggi di libertà. Talmente importante che non è un caso che i regimi dittatoriali di mezzo mondo tentino di censurare il social network appena possibile, come di fatto ha tentato di fare lo stesso governo egiziano.
SCEGLIE IL NOME BATMAN – Mentre nel settembre 2009 un uomo aveva promesso di chiamare suo figlio Batman se 500mila persone fossero diventate fan della sua pagina su Facebook. Oggi la pagina ha raggiunto quasi il doppio degli iscritti: la bellezza di «Si direbbe che dietro all’intera vicenda ci sia il social network, che vuole semplicemente impossessarsi di 500mila indirizzi e-mail. Questa intera attrazione da carnevale è finalizzata a promuovere la società di Internet, e come denuncia il sito AllFacebook, ci sono interrogativi sul fatto che la pagina di Facebook destinata a promuovere qualcosa (invece che a ottenere gli scopi prefissati) sia contro i termini del servizio. Ma comunque, offrirsi di chiamare il proprio figlio Batman per ottenere dei fan ci colpisce ugualmente». Anche perché il padre ha diffuso addirittura delle magliette, con la scritta «Chiamerò mio figlio Batman».
(Pietro Vernizzi)