No, non è la prima volta che la finzione diventa realtà. È la magia della fantascienza, ad esempio. O ancora vale per le facili previsione catastrofiche sui danni provocati dai cambiamenti climatici. Per non parlare della vasta letteratura di thriller che sono stati ispirati dagli autori materiali di delitti perfetti, e viceversa. Meno definita, invece, rimane la demarcazione tra fantasia e storia reale per tutto quello che riguarda il Medio Oriente e il conflitto a sfondo religioso in atto in quell’area del mondo da decenni.
Dopo la recensione di Ghosts of Beirut mi sono chiesto se valesse la pena ripercorrere le serie tv più importanti degli ultimi 10 anni. Partendo da Gaza, la città-trincea oggi al centro delle cronache di guerra. L’intera terza stagione di Fauda ci ha condotto per le strade e i sotterranei di Gaza molto prima che la tragedia di questi giorni ci rivelasse la loro esistenza. Anche in quel caso l’esperta squadra speciale dei servizi israeliani diretta da Doron Kavillio era alla ricerca di alcuni giovani ostaggi catturati e trascinati in città e trasformati in scudi umani dai miliziani di Hamas. Gaza è da decenni un ammasso di ruderi di cemento in cui sono tenuti come in una prigione a cielo aperto oltre 1,2 milioni di palestinesi. Dorion è interpretato da Lior Raz, il popolare attore con un trascorso nelle forze armate israeliane. Da riservista Raz non ha esitato a rimettere la divisa e a tornare a combattere davvero. Così come hanno fatto diversi altri attori del cast della serie tv, causando l’immediata sospensione delle riprese della quinta stagione.
La prima serie tv che ha dato vita al ciclo “guerra di spie” in Medio Oriente è da tutti considerata Hatufim (Prigioniero di guerra) produzione israeliana del 2010, sul caso di tre militari prigionieri in Siria che vengono rilasciati dopo 17 anni, ma che in realtà hanno sposato la causa dei loro sequestratori. Lo stesso spunto viene poi utilizzato per Homeland, la serie americana di grandissimo successo che dal 2011 al 2020 – e attraverso ben 8 stagioni – ci ha raccontato la complessa e ardimentosa vita dell’agente speciale della CIA Carrie Mathison, interpretata dall’attrice americana Clarie Danes.
Altrettanto molto ben riuscita è la trama della serie francese Le Bureau – Sotto copertura ideata da Éric Rochant e che ha raccontato dal punto di vista dei nostri cugini d’oltralpe il complesso gioco degli apparati di intelligence e degli agenti sotto copertura che affollano il Medio Oriente. Essi agiscono in silenzio, ma a volte, proprio quando falliscono, fanno parlare di sé e dei loro clamorosi insuccessi. Grazie a Gideon Raff, lo stesso autore israeliano di Hatufim, Netflix ha prodotto nel 2019 la miniserie The Spy che narra la vera storia di Eli Cohen, l’agente del Mossad infiltrato negli anni ’60 all’interno del Governo siriano.
In realtà, come sappiamo, il conflitto arabo-israeliano che infiamma quell’area del mondo ha radici profonde e da sempre coinvolge tutte le grandi potenze. Basta citare la recente guerra in Siria che ha visto la Russia come protagonista o l’invasione americana in Iraq nel 2003. Sul campo tutto ruota intorno al conflitto tra Israele e l’Iran degli Ayatollah. Anche in questo caso la natura del conflitto è spiegato molto bene da una serie tv israeliana del 2020, Teheran, giunta alla seconda stagione. La protagonista è una giovane hacker che viene inviata dal Mossad nella capitale iraniana per aiutare a disattivare dei sistemi informatici durante una missione segreta contro un laboratorio nucleare. L’operazione fallisce e la ragazza rimane sul campo trasformandosi in una vera e propria agente speciale.
Concludo segnalando una miniserie tv norvegese del 2021, La ragazza di Oslo, sul caso di alcuni ragazzi occidentali rapiti da Hamas mentre sono in vacanza nel Sinai. Una storia di drammatica e purtroppo oggi feroce attualità. Tra questi c’è la figlia di una importante diplomatica norvegese che aveva seguito in prima persona i lavori della conferenza di Oslo nel 1993, che aveva prodotto un accordo tra israeliani e palestinesi poi fallito.
La forza ispirativa della storia politico-militare del Medio Oriente degli ultimi 40 anni è paragonabile solo a quello che è stato per il cinema l’epopea delle crociate. Convivere con il nemico o combatterlo fino alla sua estinzione totale? Una battaglia motivata da ragioni e valori considerati da entrambi i fronti come non negoziabili giustifica l’uso di ogni mezzo? Sono come sappiamo domande che spaccano gli schieramenti politici e rendono a volte la diplomazia un’arte faticosa se non addirittura inutile. Eppure anche in casi così estremi in fondo si può essere di parte senza essere faziosi. Come fanno proprio gli autori delle serie tv che ho citato. Che – come è facile immaginare – hanno avuto in sorte, soprattutto nei loro Paesi, accoglienze freddine: l’impegno a dire la verità spesso scontenta tutti.
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