Caro direttore,
qualunque sia la reazione emotiva o più meditata su Donald Trump, ciò che colpisce tutti è la velocità delle sue azioni. A nessuno sfugge quanto rapidamente si sia mosso sul problema delle frontiere, dei Cartels, del Wokismo, su Netanyahu, Putin, Zelensky. Abbiamo recentemente ascoltato il vicepresidente JD Vance intervenire sull’Intelligenza Artificiale, necessaria al mondo presente e a quello futuro. È un governo di operosità e intensità senza precedenti. Piaccia o non piaccia, la bilancia si è completamente spostata in una direzione che non si può chiamare né di sinistra né di destra, e neppure centrista; termini ormai banali, se non privi di significato, privi di immaginazione.
Ed ecco che forse la parola chiave diventa proprio immaginazione. Alla base di queste azioni e legislazioni affrettate sta l’immagine di un Paese che l’acronimo vincente della campagna elettorale spiega con MAGA: Make America Great Again. Si ha la sensazione di una mission, che potrebbe sempre concludersi in una Mission Impossible, e forse per l’elettorato il suo fascino è stato proprio quello di voler intraprendere questa nuova via, consapevolmente piena di ostacoli. Per cui si rendono necessarie operazioni estreme o proposte “fantasiose” come quella di Gaza, a parere di quasi tutti la più allucinante, dietro alla quale si rivela l’atroce realtà di una terra resa invivibile, segnata da guerre apparentemente invincibili. Proprio per questo una soluzione impensabile forse vuole andare oltre ciò che dice, anche rispetto a un’ipotesi ancora incerta e potenzialmente sempre fallimentare: quella dei due Stati, Israele e Palestina.
Dichiarare inoltre che la Striscia di Gaza potrebbe diventare una “riviera del Medio Oriente” forse nasconde una strategia immaginifica, un voler trovare una soluzione quasi utopica, che mette sulla scacchiera altri potenti e finora spesso passivi giocatori, invece dei soliti USA e Israele. Un gioco che fa parte di quella Mission Impossible, perché non si gioca frettolosamente con le vite di tutto un popolo già devastato, quello palestinese. L’urgenza è seria anche per Trump, e si intravede in questo impeto velocizzante.
Ma questa è la mossa più difficile nella scacchiera americana e mondiale, una mossa del cavallo, strategica e imprevedibile. Viene da domandarsi se i due attentati in campagna elettorale, assieme ad anni trascorsi nei tribunali, non siano la vera spiegazione di questo metodo, apparentemente irrazionale, come di chi non ha un futuro politico. Il rischio della corsa, in ogni caso, non è solo quello di mancare la meta, ma anche di perdere la vita.
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