La situazione dell'ex Ilva di Taranto riporta a galla i problemi industriali dell'Italia, che vanno affrontati anche in sede Ue
L’incendio all’interno dello stabilimento dell’ex Ilva di Taranto della settimana scorsa, che ha portato al sequestro dell’Altoforno 1 e al suo spegnimento, potrebbe comportare seri problemi al polo siderurgico e anche metterne a rischio la vendita agli azeri di Baku Steel. Una situazione che non rende certamente più sereno il quadro industriale italiano, nonostante nei giorni scorsi a Mirafiori siano state assemblate le prime 500 ibride che verranno prodotte nello stabilimento torinese dalla fine dell’anno. Abbiamo fatto il punto con l’ex direttore del Sole 24 Ore Guido Gentili.
Cominciamo dall’ex Ilva di Taranto: sembra diventato quasi impossibile un suo rilancio…
La vicenda dell’ex Ilva ha già attraversato diverse fasi complicate ed è piuttosto intricata, anche perché ci sono di mezzo decisioni della magistratura. Il rischio è di vedere ripetersi qualcosa che purtroppo conosciamo bene nel nostro Paese: una crisi che si trascina per molti anni senza essere risolta e che trova un triste sbocco finale nella cessazione dell’attività. Vedremo se si riuscirà a portare in porto la vendita a Baku Steel, cosa non semplice in una situazione come quella attuale.
Per quanto riguarda Stellantis sembra esserci qualche notizia positiva, non solo quella arrivata da Mirafiori. Si parla, infatti, di rilancio di Maserati e la settimana prossima verrà presentato al Governo l’aggiornamento del Piano Italia.
La situazione non è certamente positiva visto che la produzione all’inizio dell’anno è ulteriormente scesa dopo che, alla fine del 2024, era tornata ai livelli degli anni Cinquanta. Questi annunci, non scontati, e queste notizie dagli stabilimenti italiani del gruppo rendono, quindi, il quadro meno cupo. Vedremo anche quali saranno le indicazioni che arriveranno dal nuovo Amministratore delegato che dovrebbe essere nominato a breve. Occorre, tuttavia, non farsi troppe illusioni, perché il mercato dell’auto in questo momento, tra l’incognita dei dazi americani e la crescente concorrenza cinese, non offre molte certezze.
Cosa si può fare in Italia per aiutare l’industria? Nei giorni scorsi il Presidente di Confindustria Emanuele Orsini è tornato a evidenziare il problema degli alti costi energetici per le imprese.
Il problema delle elevate bollette energetiche è reale e riguarda tutti i settori dell’industria. Orsini è tornato anche a chiedere un piano triennale di rilancio, il che va certamente bene, anche se credo che la situazione della produzione industriale italiana, in calo da 26 mesi consecutivi, meriterebbe forse qualche cosa di più, che ancora non si vede.
Cosa intende dire?
Mentre sul lato del controllo della finanza pubblica è stato fatto molto, con mano ferma e con risultati visibili, per esempio l’upgrade del rating da parte di Standard & Poor’s, lo stesso non può dirsi sul fronte della politica industriale. Il che non significa avere lo Stato imprenditore in tutti i settori o mettere in campo un dirigismo industriale, ma cercare di accompagnare la crescita, anche utilizzando il sistema delle incentivazioni fiscali. Questo anche per evitare di ritrovarsi a dover poi pagare il conto finale con l’esplosione della cassa integrazione. Penso che politiche più attive su questo fronte andrebbero messe in campo.
Un discorso che prescinde dalle risorse?
È chiaro che bisogna fare i conti con quelle a disposizione, ma mi pare che a monte ci sia un problema di mancanza di attenzione. Penso che Confindustria e sindacati, alla luce anche dei dati che hanno a disposizione, dovrebbero cercare di proporre spunti di politica industriale vera per portarli a un tavolo operativo, in modo che si possa abbandonare la logica degli interventi tampone-assistenziali cui siamo purtroppo abituati nel nostro Paese.
Un tavolo operativo non più ministeriale, ma a palazzo Chigi?
Sicuramente, anche perché di tavoli ministeriali ne sono già stati aperti tanti, ma non c’è stata finora una sintesi che lasci intravedere interventi utili per tutto il comparto. E poi un tavolo ministeriale non trasmette quella giusta attenzione che ci si aspetterebbe dalla seconda potenza manifatturiera d’Europa per cercare di rimettersi in corsa in un momento così difficile. Un tavolo a palazzo Chigi, con una spinta forte della presidenza del Consiglio su questi temi, sarebbe senza dubbio opportuno.
Potrebbe anche consentire di far sentire maggiormente la voce dell’industria italiana in Europa?
Sì, aiuterebbe molto. La nostra industria in Europa ha molto da dire, visti anche i rapporti stretti tra imprese italiane, tedesche e francesi. E sappiamo che esiste un problema nell’Ue che ha a che fare con la più volte promessa revisione del Green Deal. Il nostro Paese non dovrebbe limitarsi alla predisposizione di non paper cui far aderire altri Stati, ma dovrebbe cercare di imporre il tema della politica industriale nell’agenda europea. E questo chiama in causa anche gli imprenditori.
In che modo?
Non basta chiedere un piano triennale di rilancio dell’industria, bisogna andarselo a conquistare in Europa con accordi con associazioni di imprese di altri Paesi facendo seguire a essi un’adesione convinta della politica. In questo modo si può forse contribuire a superare la difficoltà italiana, dovuta anche a un momento politico-diplomatico non facile, ad affermare una propria posizione in Europa.
(Lorenzo Torrisi)
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