L’omicidio di Giulio Regeni in Egitto potrebbe far parte di un piano complesso con l’obiettivo di colpire l’Italia, indebolendo la sua posizione di forza storica nel Mediterraneo. Lo scrive in queste ore il quotidiano La Stampa, in un articolo a firma Francesca Sforza, sottolineando come l’assassinio del giovane ricercatore italiano sia stata un’operazione meramente politica, e solo un tassello di un mosaico complicato. La collega del giornale piemontese riavvolge il calendario fino al 2015, considerato un anno “chiave per i rapporti bilaterali e turning point”, fra Italie e Egitto e “dopo il quale molte cose non torneranno più come prima”.
Cinque anni fa le compagnie petrolifere italiane fecero grandi affari, con Eni che finalizzò la più grande scoperta di gas di tutti i tempi in Egitto: «Il giacimento di Zhor – si leggeva nella nota ufficiale della stessa azienda ad agosto 2015 – può avere un potenziale fino a 850 miliardi di metri cubi di gas e rappresentare quindi una delle maggiori scoperte di gas a livello mondiale, situata in un permesso detenuto da Eni al 100%».
DA REGENI A ZAKI, ASSE ANTI-ITALIANO: LA FRANCIA INVECE CRESCE…
Discorso diverso invece per altre compagnie del settore, come ad esempio la francese Total, costretta a tagliare investimenti, o come la Chevron, che invece aveva deciso di cancellare progetti maestosi a causa delle ingenti richieste economiche. E in Italia, invece, le cose andavano a gonfie vele, con il Belpaese che era il sesto fornitore dell’Egitto (valore 900 milioni di euro), con una quota del mercato complessivo pari al 4.4%. Nel 2019 il dato di interscambio parla di 27 milioni, e dodicesimo posto in classifica fra i fornitori egiziani. In questi quattro anni la presenza dell’Italia in Egitto si è a poco a poco assottigliata (oltre all’omicidio Regeni non va dimenticato l’arresto dello studente di Bologna, Patrick Zaki), scrive ancora Francesca Sforza, a fronte invece di altre nazioni, su tutte la Francia, con un aumento del volume di affari con l’Egitto quantificato a settembre del 2020 in 1.6 miliardi di dollari. “Abbastanza – conclude la giornalista de La Stampa – per spiegare il trattamento riservato dall’Eliseo al presidente egiziano Al Sisi, e per augurarsi che al più presto, in sede di Unione europea, sia possibile scoprire le carte su chi ha davvero a cuore la salvaguardia dei diritti umani e chi no”.