RIO DE JANEIRO – “Una pagliacciata”: che sia di Bolsonaro non rende il giudizio meno vero. Si riferiva alla Commissione d’inchiesta parlamentare sul Covid che ha terminato i suoi lavori qualche giorno fa, accusandolo a maggioranza di dieci reati, tra cui “crimini contro l’umanità, attraverso sterminio, persecuzione e altri atti disumani”.
Hanno anche considerato seriamente di accusarlo di genocidio: Manaus come Srebenica, insomma, e Bolsonaro come Mladic. Alla fine hanno deciso per il no, per un calcolo politico. Omar Aziz, il presidente della Commissione, temeva – parole sue – che la sua probabile archiviazione avrebbe gettato un’ombra su tutti gli altri risultati.
La commissione si è insediata in aprile, per investigare omissioni e irregolarità del governo federale nella risposta alla pandemia. La preoccupazione non era infondata: il diluvio di fondi liberati dallo stato d’emergenza e le regole più flessibili erano una tentazione enorme. Infatti per quella data erano già stati messi sotto inchiesta i governatori di nove Stati brasiliani (in tutto sono ventisei), uno era stato messo sotto impeachment all’unanimità, ed erano state avviate quasi cento indagini per appropriazione indebita di fondi pubblici destinati alla lotta contro il Covid.
Ma la Commissione ha evitato accuratamente di indagare a livello statale – forse il relatore Renan Calheiros non voleva incontrare il figlio, che è governatore di Alagoas – per concentrarsi esclusivamente sul governo federale, cioè su Bolsonaro. Peccato che le competenze del governo federale fossero principalmente quelle di trovare i soldi e distribuirli agli Stati, senza molti poteri di spesa diretta.
Di fatto, dopo sei mesi di lavori, la Commissione non ha provato il pagamento di nessuna bustarella nel governo. Il peggio che hanno trovato è stato che Bolsonaro non avrebbe dato seguito a una segnalazione di irregolarità nell’acquisto di vaccini di un collaboratore del ministero della Salute. Perché quest’ultimo non sia stato indagato per omessa denuncia non risulta però chiarissimo.
Hanno quindi spostato il fuoco sul supporto di Bolsonaro alla clorochina. Personalmente non ho mai capito perché il presidente si sia messo a giocare al dottore. Non è il suo mestiere, evidentemente, ma non lo è neanche dei senatori della “Cpi del Covid”. Che la politica si impadronisca dei protocolli di cura, ingessandoli, lascia perplessi anche molti medici che odiano Bolsonaro con tutto il cuore.
Come era chiaro da subito, la “Cpi del Covid” non aveva la giustizia tra i suoi obiettivi. Doveva essere la gogna per Bolsonaro e tutte le sue malefatte.
Sia ben chiaro che la gogna se la merita, non fosse per la confusione causata dall’aver cambiato quattro ministri della Salute nei momenti peggiori della pandemia (per maggiori dettagli si vedano i miei articoli precedenti) e per gli atteggiamenti negazionisti. Ma sono posizioni politiche che devono essere giudicate politicamente, e i brasiliani lo stanno facendo: il 58% disapprova il governo e Bolsonaro è pesantemente dietro a Lula nelle previsioni di voto per le elezioni presidenziali del prossimo anno.
P.S. L’epidemia, o almeno questa ondata, è passata. I reparti di rianimazione sono praticamente vuoti (anche perché i posti letto sono raddoppiati nel giro di un anno). Le morti calano costantemente da aprile e ora sono 350 al giorno. Gli Stati Uniti hanno invece ripreso a crescere da luglio e ora sono a 1.400: mandiamo Biden a Norimberga?
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