Il Covid colpisce ancora Manaus, molto più di prima. Il numero di infezioni e morti è quasi il doppio del picco precedente.
“Nella prima ondata si moriva per mancanza di informazioni… Oggi si muore per mancanza di letti negli ospedali, per mancanza di letti nelle unità di terapia intensiva e per mancanza di ossigeno”, dice Dom Leonardo Steiner, l’arcivescovo di Manaus, visibilmente emozionato. La città si è fermata. L’aeronautica militare brasiliana sta spedendo bombole di ossigeno a Manaus e trasferendo i malati negli Stati vicini.
Perché ora sia peggio di qualche mese fa, quando tutto il mondo vedeva le foto delle fosse comuni, nessuno lo sa. Molto probabilmente la causa è questo nuovo ceppo di virus. Sicuramente, però, sulle misure di sicurezza tutti si sono rilassati. Negli ultimi mesi, avendo apparentemente superato la crisi e ottenuto – si pensava – l’immunità di gregge, si viveva con un falso senso di sicurezza. Solo poche settimane fa la gente marciava per le strade per forzare il Governatore a tenere i negozi aperti, ora si muore, in ospedale o in casa, perché non c’è ossigeno.
Ma Manaus non è stata la sola a rilassarsi. Mercoledì scorso era San Sebastiano, invocato contro le epidemie e patrono di Rio de Janeiro, e festa cittadina. I metereologi annunciavano “sensazione termica” sopra i 41 gradi, i termometri per le strade arrivavano a 45, e le spiagge erano piene, proprio piene. Il Parlamento dello stato di Rio ha cercato di salvare il Carnevale. Non sono arrivati a permettere i “blocos”, le sfilate semi-spontanee per le strade (un anno fa sono state 500, con quattro milioni e mezzo di presenze), ma hanno “inventato” il CarnaRio, da farsi a luglio.
In pochi giorni però tutti gli allarmi hanno cominciato a suonare. Senza arrivare (ancora?) alla situazione di Manaus le infezioni sono aumentate decisamente, e i posti liberi negli ospedali stanno raggiungendo il livello di guardia. Niente CarnaRio, quindi, ha stabilito il sindaco, che ha invece ordinato nuovamente la chiusura di tutti i servizi non essenziali.
Più che una seconda onda, l’epidemia, che comunque non si è mai fermata, sembra stia raggiungendo un altro livello. Nei prossimi mesi vedremo se saranno più forti i nuovi ceppi o i vaccini.