Nel Myanmar, già disastrato per il terremoto, il monsone è arrivato in anticipo e con esso l’alluvione. I morti sono decine di migliaia e si vive in strada
Caro direttore,
l’ultima volta avevo titolato il mio contributo “Il dramma nel dramma”. Oggi siamo a “Il dramma nel dramma del dramma”. Se non fosse che stiamo parlando di realtà ti direi che stiamo vivendo “la tempesta perfetta”.
Il dramma è che viviamo sotto una dittatura violenta. L’ho già detto ma ribadisco: zero rispetto anche per le più basilari norme di diritti umani (arresti e carcerazioni indiscriminate, espropriazioni e requisizioni senza titolo), bombardamenti indiscriminati sulla popolazione civile, milioni di dollari spesi in forniture militari (aerei e navi) per sedare le rivolte. Assistenza sanitaria e istruzione allo sfascio ma ospedali militari efficienti. Milioni di dollari trasferiti a Singapore.
Il dramma nel dramma è stato il terremoto del 28 marzo. Devastante. Mandalay, Sagaing e area intorno al Lago Inle rase al suolo. La statistica ufficiale dei morti è falsa: sono decine di migliaia e il numero preciso non lo si saprà mai. A corollario – così, per dire – l’esercito spara sui soccorritori perché obiettivi facili e disarmati.
I danni materiali sono immani. Le case in cemento e mattoni che si sono salvate sono così messe male che nessuno ci dorme più, le case in legno e bambù sono crollate. Si vive in strada. I morti sono ancora sotto le macerie. Proseguono le scosse: ancora oggi (ieri, ndr) una scossa di magnitudo 5,3 che viene definita di assestamento.
Il dramma nel dramma del dramma è che le zone più colpite dal terremoto (Mandalay, Sagaing, Lago Inle) sono ora anche colpite da monsoni. Mandalay è sotto mezzo metro d’acqua: gli edifici già pericolanti sono crollati, anche gli alloggi provvisori (sotto gli alberi o tende) sono stati abbandonati, i morti ora galleggiano.
Non sono un medico ma non ci vuole molto a pensare a colera e altre malattie simili (diarrea, dissenteria) in un quadro simile. Il tutto con una temperatura di 44 gradi e non dimentichiamoci della malaria. Ci sono più zanzare qui che angeli in paradiso! A questo vanno aggiunti il crollo delle poche infrastrutture di base (fognature), l’insussistenza del sistema sanitario e via dicendo.
Tutti gli anni qui si festeggia “Thingyan”, la festa dell’acqua, fonte di prosperità. Quest’anno cadeva il 13 aprile. È stata festeggiata con toni bassissimi: non c’era molto di cui far festa, quasi si prevedesse l’ultima grande catastrofe. Dopo la dittatura e il terremoto, ora l’alluvione.
Non so se il mondo si rende conto che siamo un Paese con una guerra civile, abbiamo subito un terremoto devastante con uno sciame sismico devastante (per le poche strutture rimaste in piedi e per la psicologia degli uomini) e ora l’alluvione.
Io scrissi che speravo che i morti del terremoto a cui è seguita la cattiveria dei militari nell’infierire sui sopravvissuti inducesse il mondo a dire: “Andatevene, è troppo!”. Non è accaduto nulla. Nulla di nulla.
Anzi dopo tre giorni siamo spariti da tutti i telegiornali. Avanti un altro.
A questo punto, sostenete le raccolte di fondi anche se molto di quanto donerete finirà nei magazzini dei militari. Se potete, sostenete raccolte che possano far avere direttamente agli interessati quanto donate.
(Un lettore dal Myanmar)
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