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Home » Cronaca » Terremoto » DAL MYANMAR/ “Qui i feriti sono destinati a morire, speriamo che la tragedia serva a cacciare i militari”

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DAL MYANMAR/ “Qui i feriti sono destinati a morire, speriamo che la tragedia serva a cacciare i militari”

In Myanmar il terremoto ha causato una tragedia immane. Gli aiuti devono essere condizionati alla cacciata dei generali e alla democrazia

Lettera firmata
Pubblicato 1 Aprile 2025
Terremoto in Myanmar (Ansa)

Terremoto in Myanmar (Ansa)

Cari amici,
è una catastrofe. Il primo terremoto è stato devastante e le scosse continuano: oggi 52 scosse (e parliamo di quelle percepite). I morti sono migliaia. Il vero numero non lo sapremo mai. La verità, come vi raccontavo in passato, è che il governo golpista “controlla” solo un terzo del territorio. Cosa può dire su quanto non è nel suo controllo? Non solo: qui in Myanmar molta gente non ha documenti, per cui “sfugge” alle statistiche. Ma anche se fosse, la macchina amministrativa, se già fino all’altro ieri era quella che era, ora non funziona più. In ogni caso, sui nostri telegiornali vediamo solo cosa è accaduto nelle città. Nessuno però ha contezza di ciò che c’è poco fuori i centri urbani. Non parliamo delle regioni abitate dalle minoranze. Possiamo immaginarcelo ma niente di più.


DAL MYANMAR/ “Dal terremoto al monsone, i morti galleggiano ovunque e il mondo ci ignora”


Il dramma è per chi è ancora vivo sotto le macerie e per i feriti. Ogni tanto i telegiornali ufficiali ci fanno vedere (quando c’è la corrente) qualche salvataggio e si inneggia all’efficienza dei soccorsi. Per la verità, spacciano interventi eseguiti in Thailandia come fossero a casa nostra. La realtà è che si scava a mani nude o poco più. I mezzi sono pochissimi. Il sistema sanitario sarebbe al collasso in qualsiasi Paese in un frangente del genere, ma qui era già inesistente. I feriti sono destinati a morire. Dopo i morti per la guerra civile, ora i morti per terremoto.


DAL MYANMAR/ “Ora Singapore chiuda i conti ai generali e niente aiuti se la giunta non se ne va”


Noi tutti viviamo in strada: però qualcuno ha preso la tv di casa e diventa punto di raccolta! Una delle cose che mi preoccupa di più (anche per la mia famiglia) è che c’è, inevitabilmente, uno stato psicologico collettivo di paura permanente perché le scosse continuano. I vecchi ricordano forti terremoti, ma mai di questa intensità. È una condizione che nessuno aveva mai sperimentato. Siamo davanti ad un evento non controllabile. Davanti a eventi di origine umana (guerra civile), in qualche modo ci si adegua. Ma qua siamo in presenza di eventi totalmente fuori dall’umano controllo. Questo è destabilizzante perché in ogni istante c’è il terrore che il fenomeno si ripeta. E ogni scossa riaccende il terrore.


TERREMOTO IN MYANMAR/ Gli interessi della Cina “suggeriscono” a Pechino un nuovo golpe


La situazione igienico-sanitaria, dicevo, è alla catastrofe. Non si tratta “solo” del fatto che gli ospedali non hanno niente. Immaginate quale sia, vivendo per strada, la situazione igienica. Già c’erano fogne a cielo aperto. Ora anche quelle interrate sono rotte. L’approvvigionamento idrico – quando c’è – è fuori controllo, la fornitura elettrica quasi inesistente. È da prevedersi di qui a breve una qualche epidemia.

Anche i danni materiali sono ingentissimi. Mandalay è quasi rasa al suolo. E in tutto il paese sono migliaia, ripeto migliaia, gli edifici in mattoni o “pseudo cemento armato” crollati (già ho scritto circa l’approssimazione con cui sono stati costruiti). Paradossalmente il crollo delle case\capanne di campagna (legno o bambù) è stato meno disastroso. Pensate comunque che per quella povera gente anche ricostruire una casa di legno non è easy! Ovviamente anche gli edifici religiosi sono crollati: pagode, chiese, moschee. Qualcuno dirà: “È il minore dei problemi”. Non è vero. Vedere crollato un punto di riferimento spirituale (di qualsiasi credo si tratti) è un altro elemento di crisi che si aggiunge agli altri. Inoltre le chiese e seminari cristiani, come pure i monasteri buddisti, che fino a ieri ospitavano sfollati per la guerra civile, oggi sono inagibili.

Io piango sia per i morti che per i vivi di questo Paese. Sarà durissimo risollevarsi con questo governo e in questa situazione. È un governo che ha speso milioni di dollari per acquistare aerei militari, navi e quant’altro per annientare la popolazione anziché investirli nella sanità o nell’istruzione.

Io prego perché i morti di questi giorni possano almeno servire a cacciare i cattivi.

Il terremoto non è ovviamente colpa loro, ma il disastro della sanità (che ora mostra tutta la sua inesistenza), è loro responsabilità, come pure il fatto che le infrastrutture (ponti e autostrade) siano crollate. Molti, in patria come all’estero, esprimono dubbi sul “se e come” attivare gli aiuti umanitari immediati e, in futuro, la ricostruzione avendo come partner i militari. Questi sono convinti che davanti a questa ecatombe gli aiuti arriveranno e loro ne approfitteranno largamente. Puntano su questo. Ma ha senso mandare aiuti in questa situazione? Cosa vi aspettate di buono da gente che dopo poche ore dal terremoto ha bombardato e sparato sui soccorritori? Questo va al di là del bene e del male.

Gli aiuti devono essere condizionati all’esilio dei generali e al ripristino della democrazia. Potrà sembrare cinico ma che questo dramma nel dramma almeno serva a far rinascere la dignità e la speranza di un popolo che diversamente sarà sempre sotto l’oppressione dei militari. Deve finire. Diversamente questo dramma nel dramma non ha senso. Dico queste cose con il dolore nel cuore, ma tutto questo è già accaduto con lo tsunami e il ciclone Nargis.

(Un lettore dal Myanmar)

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