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Home » Esteri » Cina » DALLA CINA/ “Qui reattori a sali fusi e uso del torio, in Ue solo ideologia: l’Italia segua Pechino”

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DALLA CINA/ “Qui reattori a sali fusi e uso del torio, in Ue solo ideologia: l’Italia segua Pechino”

Franca Grisu
Pubblicato 4 Novembre 2025
Sollevamento del Modulo CB20, centrale nucleare di Haiyang, Cina (Ansa)

Sollevamento del Modulo CB20, centrale nucleare di Haiyang, Cina (Ansa)

Il “report” di una settimana in Cina ad ascoltare e toccare con mano il grado di avanzamento della tecnologia nucleare cinese. Dobbiamo fare in fretta

Una cartolina dall’Estremo oriente.

Ho avuto di recente la fortuna di partecipare in Cina ad un evento che ha coinvolto rappresentanti di diversi Paesi non ancora “nucleari”, interessati però a programmare l’opzione atomica, soprattutto quella offerta dai piccoli reattori modulari (SMR), che meglio si adatterebbero a reti elettriche di dimensioni contenute (spesso inferiori ai 10 GW), poco interconnesse e in fase di crescita.


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L’iniziativa è stata l’occasione per gli esperti cinesi di mostrare qualche esempio operativo: la loro rete complessivamente non è certo piccola (la capacità installata è ben oltre i 3000 GW), ma, quanto a zone, non completamente interconnesse e soprattutto, se si considera la crescita, possono senz’altro mostrare casi studio di successo quanto a sviluppo e gestione.


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Ma soprattutto, è stata un’occasione formidabile per mostrare obiettivi e strategie energetiche e in particolare capacità di sviluppo nel settore nucleare.

Cominciamo con le strategie. È vero, i cinesi sono da record nell’installazione di rinnovabili e ridurranno moltissimo i consumi di carbone e le emissioni di CO2 corrispondenti, ma non sembra che le ridurranno a zero (manterranno un 10% di carbone e meno del 5% di gas) e comunque non prima del 2060. A quella data, oltre ai fossili, il resto dell’elettricità sarà fatto da un 25% di solare, un 30% di eolico, un 10% di idroelettrico, un 15% abbondante di nucleare e per il rimanente un po’ di biomassa.


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Poi sono passati a mostrare cosa sono in grado di fare sulle tecnologie nucleari. E (anche qui) c’è da rimanere a bocca aperta.

Grandi reattori? Già fatti: hanno costruito esattamente gli stessi modelli progettati da americani e francesi, ma senza i ritardi e gli extra-costi di cui hanno sofferto (sino alla bancarotta delle aziende) gli ormai ex leader mondiali.

Hanno sviluppato una tecnologia interamente domestica (HPR1000), inoltre hanno acquisito il progetto americano e lo hanno espanso: dallo statunitense AP1000 al CAP1400, dove C sta appunto per made in China. I numeri indicano le taglie dei reattori, in MW.

Small Modular Reactor? Lo stanno completando (ACP100) ed entrerà in funzione l’anno prossimo.

E i reattori modulari avanzati, quelli di cosiddetta IV Generazione? No, non li stanno “studiando”: due di questi (HTR-PM, un reattore raffreddato a gas ad alta temperatura) funzionano già dal 2021. E stanno sperimentando pure quelli più “futuribili”, come il reattore a sali fusi, con il combustibile nucleare non solido, come per tutti gli altri reattori, ma liquido e disciolto nel sale.

I pannelli solari della Centrale elettrica Panda a Datong, Cina (Ansa)

Anzi di più: nel deserto del Gobi, un istituto di Shanghai dell’Accademia delle Scienze ha dimostrato, proprio in questi giorni e per primo al mondo, la possibilità di produrre nuovo combustibile alimentando il reattore non con uranio arricchito bensì con il torio, un elemento più abbondante dell’uranio e che praticamente non produce rifiuti altamente radioattivi.

E come stiamo con l’idea di usare i piccoli reattori modulari in modalità cogenerativa per servire i distretti industriali, fornendo non solo elettricità ma anche calore (per teleriscaldamento, per produrre acqua desalata oppure idrogeno)? Già fatto anche questo: il primo ACP100 citato sopra è stato realizzato in primis per produrre calore da servire a un grande impianto petrolchimico presente nella zona.

Per tutte queste tecnologie innovative, servono anche nuovi combustibili nucleari? Sì, ed è una delle fasi di sviluppo e test più complicate e critiche, più lunga e costosa di quella per un reattore di nuova generazione, ma per essa non dipendono da nessuno: fanno tutto in casa.

Sarà comunque una strategia complessiva pensata solo per l’interno? A vedere la partecipazione di oltre una decina di Paesi emergenti all’evento IAEA, forse no.

Rientrata in Italia, sono portata a sovrapporre lo scenario appena visto all’immagine che l’Europa, e con essa anche l’Italia, offrono allo sguardo. E mi pare di comparare un film d’avventura a un quadro o, a essere ottimisti, a un’azione vista al VAR.

L’Europa ancora fatica a scrollarsi di dosso una scelta ideologica e dallo sguardo miope, nonostante i dolorosi effetti economici, industriali e strategici che ha generato: prova ne sia che la ripresa di interesse sull’atomo è ostacolata da una parte della Commissione e porta a molte parole ma pochi fatti (basta osservare i finanziamenti, risibili se non nulli).

E l’Italia sembra (timidamente) accomodarsi al tavolo del gruppo nucleare comunitario, ma ancora schiava di logiche politiche antiche (i frequenti appuntamenti elettorali su tutte) che non reggono più al peso e alla velocità delle scelte necessarie per affrontare la realtà contemporanea e le sue sollecitazioni.

Sapremo prendere spunto dai fatti che accadono in Cina? O almeno, ci sentiremo a un certo punto costretti a fare i conti con essi?

P.S.: comunicando il gran risultato della conversione del Torio in nuovo combustibile nel reattore a sali fusi, il South China Morning Post lo ha presentato non come un passo verso la decarbonizzazione, ma come una “pietra miliare verso l’indipendenza energetica della Cina”.

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