Non sono ancora passate quattro settimane dall’insediamento di Friedrich Merz come cancelliere federale, e le prime decisioni politiche stanno già suscitando critiche significative anche all’interno dell’area di riferimento della Grande Coalizione. Mentre Merz promette un corso politico di rinnovamento e “leadership chiara”, si moltiplicano le voci nella stampa che mettono in luce contraddizioni, rigidità ideologiche e una mancanza di equilibrio sociale.
Le prime misure del governo Merz – come i tagli annunciati alla spesa sociale, la sospensione dei programmi di incentivazione ambientale e l’inasprimento delle norme sulla sicurezza pubblica – seguono uno schema ben noto: priorità al mantenimento dello status quo, per esempio in riferimento all’ordine pubblico, anziché a riforme economiche strutturali ea un nuovo indirizzo di politica estera.
Il riferimento alla sicurezza pubblica e al contenimento dell’immigrazione irregolare sono funzionali alla riduzione del consenso, comunque crescente, di AfD, ma non risultano convincenti.
La linea governativa è quella di isolare ed emarginare dal dibattito pubblico le opposizioni. In concreto, viene esclusa la BSW e soprattutto la sua popolarissima leader, Sahra Wagenknecht, dai canali del dibattito pubblico, attraverso il controllo dell’informazione, tutta a guida CDU-CSU-SPD.
Complessa è, invece, la partita con AfD , il cui consenso si allarga. Dopo il rapporto (più di mille pagine) steso dai servizi di informazione del ministero degli Interni, l’establishment ha ormai scelto la via della magistratura straordinaria, puntando su quello che deciderà la Corte Costituzionale Federale e, in ultima analisi, sulla chiusura del partito.
Merz, su questo, sembra proseguire la vecchia linea Kohl-Merkel: nessun partito a destra della CDU . C’è però il rischio che un simile divieto, oltre a mettere in crisi i fondamenti della BRD (Repubblica Federale Tedesca, ndr ), possa favorire partiti, oggi marginali, come la NPD – il partito nazionaldemocratico di Germania – e le sue attuali varianti, dove cova il vero neonazismo.
Oltre tutto, proprio in questi giorni si costituisce il comitato elettorale per i nuovi giudici della Corte Costituzionale Federale. A causa del cordone sanitario nei confronti dell’AfD, l’Unione ha bisogno – oltre ai verdi e alla SPD – anche della Linke per coprire i tre posti vacanti, rafforzando nell’opinione pubblica l’idea che da una parte ci sia il sistema dei partiti tradizionali, dall’altra quelli nuovi, vera espressione del sentimento popolare.
In effetti, la percezione diffusa tra molti cittadini tedeschi è che ormai i partiti tradizionali rappresentano il “sistema” , deciso a garantirsi in qualunque modo e per nulla interessato al bene della Repubblica Federale.
A tutto questo si aggiungono i personalismi: di tanto in tanto Merz sembra voler strafare persino all’interno della sua stessa coalizione, tanto che la Süddeutsche Zeitung , vicina alla SPD, parla di un “ritorno a concetti superati”, mentre Die Tageszeitung mette in guardia contro un “tono autoritario” particolarmente evidente nella retorica del cancelliere.
La critica si fa particolarmente aspra quando si guarda ai valori dichiarati della politica di Merz. Da cristiano-democratico convinto, per di più di estrazione cattolica , il cancelliere ha più volte sottolineato la propria personale vicinanza alla dottrina sociale cattolica, lodando l’autorità morale del Papa e richiamando i valori cristiani da cui ha avuto origine la CDU. Tuttavia, proprio in tema di politica estera e di difesa emerge una dissonanza evidente.
Nel suo deciso programma di riarmo – con la richiesta di un massiccio aumento della spesa militare e di una maggiore partecipazione tedesca alle missioni NATO (è di questi giorni l’invio di ulteriori reparti militari sul confine estone-russo), Merz sembra ignorare completamente l’ esortazione alla pace e al disarmo con cui papa Leone XIV ha aperto il suo pontificato. Tenuto conto che anche una gran parte della Chiesa Evangelica è contraria ai programmi di riarmo, questa scelta finisce per rendere evidente, a chi voglia vedere, il vuoto di ideali di riferimento dell’attuale governo tedesco.
Merz, malgrado la propria vantata e pretesa sicurezza, che non contribuisce a rendere simpatico e che è stata sfregiata dai franchi tiratori del suo stesso partito nel primo voto sul suo governo , si trova così sotto attacco da diverse parti dello spettro politico.
Il programma di riarmo e di militarizzazione della Germania non piace alla maggioranza silenziosa dei tedeschi. Wagenknecht, leader di BSW, che per un pugno di voti (assai controversi) non è entrato nel Bundestag, ha dichiarato in un’intervista a Der Freitag : “Merz predica valori cristiani mentre arma il Paese. La sua è una politica che serve l’industria bellica, non la pace né il popolo tedesco”. In effetti Rheinmetall , principale Corporation tedesca delle armi, sta volando in borsa e le sue azioni sono entrate nel paniere di numerosi fondi di investimento, materia su cui Merz, in quanto dirigente di Blackrock, è espertissimo.
Anche Alice Weidel (AfD) ha ribadito le sue forti riserve sul programma militare del governo, sebbene da una prospettiva diversa: “Il riarmo di Merz non rafforza la sicurezza della Germania, ma ci trascina in una logica di conflitto permanente sotto dettatura americana. Dove sono la sovranità e l’interesse nazionale?”.
Un altro punto critico riguarda la coesione interna. In un Paese ancora segnato dalle crisi – pandemica, energetica, migratoria – il corso neoliberista del governo appare a molti fuori tempo. Der Spiegel , periodico organico al sistema, ha osservato che “l’equilibrio sociale e la dinamica economica non dovrebbero essere messi in contrapposizione”. Tuttavia, Merz sembra convincente esattamente questa strada, riducendo gli spazi di solidarietà per privilegiare i dettami di bilancio a favore del carossimo riarmo tedesco.
Anche sul fronte europeo la “leadership tedesca” appare più dichiarata che praticata. Malgrado le apparenze, le relazioni con la Francia sono tiepide, le iniziative comuni latitano e la stretta adesione agli Stati Uniti, specie in campo degli acquisti militari, desta perplessità tra gli alleati. Come ha scritto Le Monde , “Berlino parla di partnership ma agisce sempre più in solitaria”.
Le prime settimane di questo governo mostrano un’esecutiva che guarda più al passato che al futuro e che non è in grado di trovare un equilibrio tra la propria intrinseca dipendenza dagli USA e le nuove scelte dell’attuale amministrazione Trump. Merz sembra ancora rispondere alla vecchia guardia liberal americana, a cui è personalmente legato, quasi che le scelte politiche di Trump siano solo una forma di estroversione passeggera.
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