STOCCARDA – Gli europei sono comprensibilmente disorientati dagli ordini contraddittori che arrivano da Washington: ma come, prima ci dite che dobbiamo sostenere la democrazia contro le forze del male, adesso ci dite il contrario? Se la confusione è comprensibile, insistere per continuare la guerra contro la Russia, con mezzi propri e con un’America neutrale, potrebbe essere rischioso. In ogni caso, dotarsi di un minimo di capacità militare in un mondo pericoloso potrebbe non essere una cattiva idea.
Ecco quindi dispiegarsi i piani di riarmo del Vecchio continente, con Ursula von der Leyen che mette sul piatto 800 miliardi. La Grosse Koalition che si appresta a governare la Germania rilancia con ulteriori 500 miliardi, da allocarsi tra armamenti e infrastrutture, in percentuali non specificate. La Germania si prepara quindi ad aprire il portafoglio e riempirlo di nuovi debiti, facendo fare al rendimento del Bund decennale un salto di 40 punti base verso l’alto (per ora).
Ma c’è un problema. Per consentire deficit superiori allo 0,35% del Pil (condizione necessaria per contrarre debiti nella misura richiesta dal nuovo programma), occorre manomettere il famigerato “Schuldembremse” (freno all’indebitamento). Essendo il freno inserito in Costituzione, la sua disattivazione richiede una maggioranza di due terzi al Bundestag che, nel Parlamento attuale (quello della legislatura che sta finendo), Unione e Spd potrebbero raggiungere solo con l’appoggio dei Verdi. Nel Parlamento futuro (quello scaturito dalle elezioni), oltre all’appoggio dei Verdi servirebbe anche quello di “die Linke” e/o di AfD. Per evitare problemi, sarebbe quindi opportuno completare l’operazione prima dell’insediamento del nuovo Parlamento, previsto per il 25 marzo.
I Verdi avevano inizialmente annunciato che non avrebbero sostenuto la proposta di Unione e Spd. “Dal nostro punto di vista, non sono queste le cose che servono al Paese”, aveva dichiarato la capogruppo parlamentare del partito Katharina Dröge. Un atteggiamento curioso, dal momento che il partito guidato da Franziska Brantner e Felix Banaszak ha mostrato un atteggiamento piuttosto bellicoso nella legislatura che sta per concludersi (ricordiamo il titolo “verde oliva” di “Der Spiegel”, con riferimento al colore delle uniformi militari).
Pare tuttavia che un accordo sia stato raggiunto in extremis. I Verdi voteranno la riforma costituzionale, a condizione che 100 miliardi del fondo infrastrutturale siano dedicati alla protezione del clima e alla “ristrutturazione climatica dell’economia”. La commissione Bilancio del Bundestag ha rinviato la seduta al tardo pomeriggio di martedì 18 marzo, dando così più tempo agli sherpa per mettere a punto gli ultimi dettagli dell’accordo.
Ma gli esponenti del partito ecologista non sono gli unici Verdi a far parlare di sé. Il nome “Ver.di”, che a sud delle Alpi evoca marce trionfali e cori dal sapore risorgimentale, significa infatti anche “Vereinte Dienstleistungsgewerkschaft” (Unione dei sindacati del settore dei servizi). Trattasi di un sindacato tedesco che con 2 milioni di iscritti, il secondo più grande in Germania dopo IG Metall.
Per protestare contro il mancato rinnovo del contratto dei servizi, lunedì 10 marzo Ver.di ha organizzato un “Warnstreik” (sciopero di avvertimento) in undici grandi aeroporti tedeschi. Secondo l’associazione aeroportuale Adv, lo sciopero ha portato alla cancellazione di oltre 3.500 voli, causando disagi a circa 560.000 passeggeri. Ma l’azione sindacale di Ver.di non si limita agli aeroporti.
Nel Baden-Württemberg, gli scioperi si susseguono con ritmo incalzante anche in altri settori. “Sono interessati tutti gli ambiti del servizio pubblico, dalle amministrazioni comunali e distrettuali agli asili nido, cliniche, casse di risparmio, piscine, centri per l’impiego e agenzie per l’impiego, fino ai servizi comunali e, in alcuni casi, al trasporto pubblico locale”, afferma Ver.di, come riportato da Tagesschau.
Sullo sfondo ci sono due diversi conflitti tariffari: nella contrattazione collettiva per il settore pubblico federale e locale, il sindacato chiede, tra le altre cose, l’8% in più al mese (con un limite inferiore di 350 euro), oltre a tre giorni liberi aggiuntivi. I datori di lavoro non hanno ancora presentato un’offerta concreta. In termini di sicurezza aerea, Ver.di chiede, tra le altre cose, miglioramenti nella salute e sicurezza sul lavoro, 30 giorni di ferie e ferie aggiuntive per lavoratori a turni. Il nuovo contratto collettivo con l’Associazione federale delle imprese di sicurezza aerea dovrebbe essere siglato a fine marzo.
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