Dalle dichiarazioni seguite all’elezione di Papa Leone XIV, la Conferenza episcopale tedesca appare molto soddisfatta della scelta. Monsignor Georg Bätzing, suo presidente dal marzo 2020, ha definito l’elezione “eccellente”, sottolineando che si tratta di un “papa amichevole, aperto e ricco di esperienza”. In particolare, Bätzing ha elogiato il fatto che, fin dal suo primo messaggio, Papa Leone XIV abbia posto l’accento sulla pace e si sia dichiarato favorevole a una Chiesa sinodale, interpretando ciò come un sostegno al percorso di riforma avviato in Germania e su cui papa Francesco aveva espresso delle forti riserve.
Anche altri vescovi tedeschi hanno espresso valutazioni molto positive. L’arcivescovo di Monaco e Frisinga, il cardinale Reinhard Marx, si è detto soddisfatto per l’elezione, evidenziando la disponibilità del nuovo Papa ad ascoltare le specifiche istanze della Chiesa cattolica in Germania.
Nel complesso, la Conferenza episcopale tedesca interpreta l’elezione del nuovo Pontefice come un segnale positivo per il futuro della Chiesa cattolica tedesca, in particolare per quanto riguarda l’apertura al dialogo e la volontà di proseguire sulla via delle riforme promosse dal cosiddetto “Cammino sinodale” (“Synodaler Weg”).
Tuttavia, il nodo sta proprio nell’uso del termine “sinodale”. L’accezione che ne ha dato Papa Leone XIV non coincide con quella adottata in Germania, dove “sinodalità” indica un processo decisionale di tipo assembleare e democratico, in cui vescovi e rappresentanti laici votano a maggioranza su temi dottrinali e disciplinari. Un’impostazione che si discosta nettamente dalla tradizione cattolica.
Nella sua prima benedizione apostolica, Papa Leone XIV ha affermato: “Vogliamo essere una Chiesa sinodale, una Chiesa che cammina”, un’espressione letta in Germania come una conferma della linea intrapresa. Tuttavia, il significato che il Pontefice attribuisce al termine “sinodale” affonda le radici nella Scrittura e nella teologia tradizionale: syn-hodos, ovvero “cammino comune”, non un percorso autonomo di una singola Chiesa locale. Lo ha chiarito lo stesso Papa quando ha detto: “Sono un agostiniano, un figlio di sant’Agostino, che ha detto: ‘Con voi sono cristiano, per voi sono vescovo’. In questo senso possiamo tutti camminare insieme verso quella patria che Dio ci ha preparato”.
La sottolineatura della “sinodalità” in Germania continua a mostrare ambiguità, confermate da alcune iniziative assunte negli ultimi due mesi – le più controverse, proprio durante la Sede Vacante – che sembrano indicare la pretesa di alcuni settori dell’episcopato tedesco (non tutti, fortunatamente) di porsi come avanguardia della Chiesa universale.
Vale la pena ripercorrerle, anche perché l’emozione delle ultime settimane rischia di averle rese meno visibili.
16 marzo 2025: la Conferenza episcopale tedesca, a nome del “Cammino sinodale”, pubblica un comunicato in cui si afferma che l’insegnamento della Chiesa sulle unioni omosessuali deve essere reinterpretato alla luce della “realtà concreta della vita”.
23 aprile: due giorni dopo la morte di papa Francesco, viene diffusa una guida per la benedizione delle coppie di divorziati risposati e delle coppie omosessuali (che c’entrano, poi, tra di loro?). Il comunicato che accompagna il documento sottolinea che il Vaticano ha solo reso più elastica la normativa, ma che il percorso sinodale tedesco va oltre e si attende (o si pretende?) un’ulteriore apertura.
5 maggio: alla vigilia del Conclave, monsignor Bätzing interviene al Congresso evangelico tedesco sostenendo l’opportunità di aprire il sacerdozio alle donne nella Chiesa cattolica, seguendo l’esempio della Chiesa Evangelica di Germania (EKD). Non è la prima volta che Bätzing avanza simili proposte, in questo caso con l’aggravante della sostanziale assimilazione del sacerdozio cattolico all’Amt (ufficio, ndt) dei pastori protestanti.
La tempistica è sconcertante, e anche priva di buon gusto. È questo il “camminare insieme” auspicato da Papa Leone XIV? Eppure, la sua sottolineatura della sinodalità può essere particolarmente preziosa proprio per la Germania: non come legittimazione di un processo decisionale autonomo dal basso, ma come richiamo a un cammino condiviso nell’unità della Chiesa universale. Solo così si potrà evitare che parole chiave del lessico ecclesiale vengano svuotate del loro significato originario e riempite di contenuti estranei, fino a capovolgerne la sostanza.
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