Gli uomini e i popoli vivono nel presente: le grandi potenze no. La Russia corre velocemente verso il passato. La bandiera della Federazione Russa viene sventolata, infatti, dai prigionieri rientrati a casa con quelle dell’URSS e dell’Impero russo. I confini degli Stati, perciò, non sono accettabili: la terra diventa proprietà della Federazione laddove si posa lo scarpone del soldato russo.
L’ Ucraina poi viene considerata totalmente russa: i trattati e la storia non contano. In tale ottica, che dimentica i disastri del secolo scorso, il diritto internazionale viene annullato. Si ritorna al passato del totalitarismo e della guerra, ignorando il giudizio critico dei martiri e dei dissidenti.
Le vite vere di cuori intelligenti vengono sostituite da statue di pietra per edificare nuovi uomini-massa. Gli occhi spenti del potere non vedono, insomma, il presente: le cataste dei morti, la sofferenza degli innocenti, il desiderio di libertà degli uomini.
Gli Stati Uniti invece vivono nel futuro Maga dalle “magnifiche sorti e progressive”. Nel tempo che verrà non ci sarà bisogno della verità presente, ma della sua costruzione immaginaria. Ecco dunque il paradiso di Gaza creato dall’intelligenza diventata artificiale: una ridente località balneare in cui finalmente i potenti possono riposare dalle loro fatiche. Una birra gelata, al sole, al posto di un sacco di farina conteso dalla folla affamata. Il sangue del popolo sostituto dal nichilismo del capitalismo finanziario.
Si può postare, inoltre, sul social X un bombardiere in bella vista, accompagnato da una famosa colonna sonora. Le bombe sono scenografiche: una dimostrazione della geometrica potenza di fuoco del Paese più forte. La realtà non esiste e neanche i popoli. Iraq squassato e Libia in preda alle milizie in lotta tra loro fanno parte del passato, non del futuro.
Dazi, vendita di armi per rimpinguare le aziende americane e terre rare sono i (nuovi) capisaldi. La strage degli innocenti a Gaza non c’è, e le macerie neppure. I 18 uccisi mentre cercavano cibo sono nascosti da ologrammi e da post scintillanti.
E gli europei? Vivono nella vaghezza di chi subisce le decisioni altrui. Oppure nella blandizie di chi le accompagna. La guerra dei 12 giorni tra Israele e Iran, perciò, diventa agli occhi delle autorità europee una lite tra bambini (secondo Trump), vigilata da “paparino”, dice Mark Rutte. All’Aia, cioè nella capitale del diritto, si discute della fine della protezione sociale con un aumento sproporzionato delle spese militari. Il collasso dello stato sociale e il duro colpo alle fasce deboli della popolazione si avvicinano senza battere ciglio.
Ritorno al passato nella menzogna, proiezione nel futuro della post-verità, insostenibile leggerezza nel giudizio presente: una miscela esplosiva nei protagonisti della storia. Non si parla neanche lontanamente di architettura della sicurezza internazionale e di diplomazia. Il cuore si stringe, perciò, di fronte al nostro tempo ridotto a messa in scena dei potenti. Batte con sdegno per un mondo diventato preda della violenza. E cerca un giudizio certo sul senso di tutto.
Nell’era del conformismo intellettuale, finalmente, si trova chi parla con franchezza: è Leone XIV. “È veramente triste assistere oggi in tanti contesti all’imporsi della legge del più forte, in base alla quale si legittimano i propri interessi. È desolante vedere che la forza del diritto internazionale e del diritto umanitario non sembra più obbligare, sostituita dal presunto diritto di obbligare gli altri con la forza. Questo è indegno dell’uomo, è vergognoso per l’umanità e per i responsabili delle nazioni”.
Non si può ignorare un appello così forte. Non si tratta, dunque, di essere occidentalisti o filo qualcosa o contro qualcuno: bisogna essere semplicemente uomini. Essere uomini, cioè avere un cuore. E anche il cuore sepolto tra i detriti del potere non può annullare ciò che resiste: il grido di chi soffre a Gaza e in Ucraina.
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