Dante a Ravenna: il suo cenacolo culturale e i personaggi romagnoli nella Commedia, tra storia, battaglie e tradimenti (5)
A Ravenna, Dante frequentò un vivace cenacolo culturale, a cui parteciparono anche i figli Pietro e Jacopo; di questo facevano parte letterati, notai e giureconsulti, tra cui il notaio Pietro Giardini (o Giardino), il medico, scienziato e filosofo Fiduccio de’ Milotti da Certaldo, il letterato di origine fiorentina Dino Perini, il medico Guido Vacchetta, i giureconsulti Niccolò Carnevali e Achille Mattarelli, il cronista Geremia Gotto, il già citato notaio e scrittore in rima Menghino Mezzani, autore di numerosi sonetti, discendente di un’antica famiglia di Mezzano, residente a Pezzolo di Russi.
Su di lui, come accennato nella terza puntata, la Pro Loco di Russi ha pubblicato uno specifico studio affidato a due ricercatori universitari, Luca Azzetta e Marco Petoletti, che hanno presentato il loro lungo e corposo lavoro in non poche città emiliano-romagnole e del resto d’Italia.
A proposito di russiani (ci si perdoni il richiamo alle nostre origini), Dante ne ricorda un altro: Guido da Prata (da Prada, località divisa oggi a metà tra i Comuni di Russi e Faenza), nel Purgatorio (canto XIV, 103-105).
L’altro personaggio citato nella terzina, Ugolino di Azzo, è identificato da gran parte delle fonti con Ugolino, figlio di Azzo da Montaccianico; su di lui esiste una sola testimonianza documentaria nel 1220 (dunque egli risulta contemporaneo di Guido da Prata), la quale, secondo alcuni storici, non sarebbe sufficiente per inserirlo a pieno titolo nell’ambiente romagnolo frequentato da Dante, anche se va detto, questa volta senza ombra di dubbio, che il ramo degli Ubaldini di Montaccianico, originario, come gli altri due rami, della casata toscana del Mugello, aveva esteso i suoi possedimenti anche nella valle del Senio e in altre vicine terre di Romagna.
Per quanto riguarda i personaggi e le città romagnole, la prima rassegna la troviamo nel canto XXVII dell’Inferno; lo apprendiamo per bocca di Guido da Montefeltro, il quale compare lì, tra i consiglieri fraudolenti. Nell’Inferno è importante anche la figura di frate Alberico Manfredi, che troviamo nella seconda parte del canto XXXIII, nello specifico nel nono cerchio, nella zona della Tolomea, fra i traditori degli ospiti, perché fece assassinare alcuni membri della sua famiglia dopo averli invitati a pranzo.
C’è poi il Purgatorio: nel canto V, che Dante dedica al tema della misericordia divina, compare il figlio di Guido di Montefeltro, Bonconte, morto nella battaglia di Campaldino, alla quale aveva partecipato anche Dante (e l’altro grande poeta fiorentino Guido Cavalcanti, che diventò poi nemico dell’Alighieri). Bonconte è posto tra gli spiriti negligenti, i quali hanno atteso gli ultimi istanti di vita per pentirsi. Il racconto comincia proprio con il suo rammarico, perché la moglie Giovanna e gli altri parenti non si ricordano più di lui, e quindi non lo aiutano, con le preghiere e la celebrazione di messe, ad espiare i suoi peccati.
Il XIV canto del Purgatorio è quello più pieno, se così si può dire, di ravennati e romagnoli, a partire dal ghibellino Guido del Duca, di cui si sa ben poco e di cui non si conosce il motivo per cui Dante lo pone tra gli invidiosi della seconda cornice, insieme a Rinieri de’ Calboli. Questo nobile ravennate, quasi certamente della famiglia degli Onesti, signori di Bertinoro, imparentato con i Traversari e con i Mainardi, di parte ghibellina, fu per lunghi anni giudice in varie città della Romagna, tra cui Imola, Faenza, Rimini e nella stessa Bertinoro, dove visse a lungo.
Guido si assume il compito di rappresentare a Dante l’antica nobiltà dei romagnoli, di cui parleremo nella prossima puntata.
(5 – continua)
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