DOPO IL MESSICO ANCHE IL CANADA RAGGIUNGE IL “PRE-ACCORDO” CON TRUMP SUI DAZI: COSA CAMBIERÀ ORA AL CONFINE
Non solo il Messico ma anche il Canada arriva ad una sorta di pre-accordo con gli Stati Uniti di Donald Trump in merito alla potenziale guerra commerciale scatenata con i decreti sui dazi imposti nel weekend appena passato: i temi più ampi invece, dall’Unione Europea alla superpotenza Cina, sono tutt’altro che risolti con la Casa Bianca che anzi subisce le prime contromosse da Pechino, con interventi duri sul tema energetico. Andando però con ordine, almeno cronologico, nella serata di ieri la telefonata tra Trump e il Primo Ministro del Canada Trudeau arriva a distendere gli animi “scaldati” dai dazi al 25% contro tutti i prodotti canadesi importati in America.
In maniera similare all’accordo raggiunto dal Governo del Messico di Sheinbaum, sono i temi di migranti e narcotraffico a rappresentare le chiavi dell’intesa di massima raggiunta da Trudeau: il piano di confine da 1,3 miliardi di dollari è la promessa data dal Canada agli USA, con rafforzamenti che vedono anche «nuovi elicotteri, tecnologia e personale». Come spiega ancora il Premier dimissionario, l’accordo con gli USA per congelare i dazi di un mese (in attesa che venga messo nero su bianco l’intesa negoziale con Trump) prevede un migliorato coordinamento con l’alleato americano per fermare il flusso di fentanyl verso gli Stati Uniti: Ottawa definisce i cartelli come minacce terroristiche, garantendo controlli 24 ore su 24, 7 giorni su 7 sul confine, lanciando «una forza d’attacco congiunta Canada-USA per combattere la criminalità organizzata, il fentanyl e il riciclaggio di denaro». Ulteriori 200milioni di dollari sono stati stanziati dal Canada per siglare un’intesa anti-narcotraffico, congiuntamente con Washington, nominando anche uno “zar di confine” per contrastare il fenomeno tremendo del traffico di fentanyl.
I just had a good call with President Trump. Canada is implementing our $1.3 billion border plan — reinforcing the border with new choppers, technology and personnel, enhanced coordination with our American partners, and increased resources to stop the flow of fentanyl. Nearly…
— Justin Trudeau (@JustinTrudeau) February 3, 2025
UE SI “ARMA”, LA CINA MINACCIA: LE RISPOSTE GLOBALI ALLA POLITICA AGGRESSIVA DEL “TARIFF MAN” ALLA CASA BIANCA
Insomma, la minaccia dei dazi di Trump ottiene esattamente quanto richiesto dagli USA negli ultimi mesi di campagna elettorale molto aggressiva sul fronte repubblicano: prima il Messico e poi il Canada di fatto “cedono” alle richieste su migranti e traffico di droga, portando all’immediato congelamento delle ultra-tasse americane e riportando in asse i rapporti tesissimi tra Trump, Sheinbaum e Trudeau.
Quello che però risulta molto difficile appianare, almeno in 24 ore, è invece la partita centrale della guerra dei dazi: il “Tariff Man”, come si è auto-definito il Presidente Trump, punta a rinforzare l’economia americana in giro per il mondo e non può che dipendere dall’esito del confronto USA-Cina nei prossimi anni. La prima “minaccia” lanciata con i dazi del 10% sui prodotti cinesi, riceve questa mattina la contro-risposta con relativa “minaccia” di Pechino contro alcuni prodotti chiave americani: il pacchetto di misure annunciato dal Ministero delle Finanze del regime di Xi Jinping prevede prima di tutto un dazio del 15% su gas naturale (GNL) e carbone Usa, oltre ad un 10% su petrolio, automobili e attrezzature agricole americane.
I dazi cinesi entrano in vigore il prossimo 10 febbraio, un lasso di tempo necessario per eventualmente negoziare direttamente tra Washington e Pechino una possibile exit strategy: Xi Jinping però non intende fermarsi e rilancia con una nuova indagine contro Google sospettata (di “colpo”) di aver violato «leggi anti-monopolio cinesi». La denuncia cinese all’organismo internazionale del commercio non è dunque che un primo passo nella guerra commerciale alimentata da Cina e Usa: Pechino vuole lanciare la sua risposta, sia effettiva (coi dazi) che simbolica, con l’attacco alla piattaforma web che è già bandita dalla Repubblica cinese da anni. E l’Europa in tutto questo? Per il momento sta a guardare, punta sul rafforzamento delle spese militari (l’apertura di Von der Leyen dal Consiglio Informale di Bruxelles) e annuncia una presa di posizione molto netta – per ora solo a parole – qualora dovessero scattare misure aggressive di Trump contro prodotti/enti europei. Ma è ovviamente la partita chiave con la Cina il vero campo di battaglia a cui tutti guardano, UE compresa, consci che il gioco al rialzo tra USA e Pechino non può giungere alla rottura massima perché sarebbero in primis le due superpotenze mondiali a farsi del male.