Ha troncato con i russi, ma non è riuscita a sostenere gli ucraini. E ora che Trump mette i dazi, guarda alla Cina.
La realtà, sostiene Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa, è che la UE ha una politica estera umorale, senza una linea precisa, e che paga pegno proprio per questo. In questo contesto, in cui Bruxelles, con una classe dirigente inadeguata, teme l’invasione dei russi ma tratta con i loro primi alleati, cioè i cinesi, l’Italia deve ritagliarsi un suo spazio, e, in assenza di UE e NATO come punti di riferimento, cercare di giocare un ruolo nel Mediterraneo.
L’Europa sta già pagando e pagherà gli errori commessi in relazione alla guerra in Ucraina e, dopo i dazi di Trump, sembra orientata a guardare alla Cina. Rischia di commettere l’ennesimo errore?
Quello che ha detto J.D. Vance dell’Europa è drammaticamente incontestabile. Il vero nemico non sono i russi, che non pensano di invaderci. La verità è che, in questa Europa, i popoli europei non contano nulla e la nomenclatura UE lo sta dimostrando. Basta guardare a quello che è successo in Romania, in Francia e anche in Germania, dove è stata modificata la Costituzione facendo votare un Parlamento ampiamente scaduto.
Quali sono gli errori di questa nomenclatura?
La commissione von der Leyen 1 ha seguito l’input di Biden e ci ha privato del gas russo, mettendoci in contrapposizione con Mosca. Poi è arrivata l’America di Trump, che vuole chiudere la guerra in Ucraina facendo pace con la Russia, e la UE si è messa di traverso con la commissione von der Leyen 2 e il revanscismo di Macron e di Starmer, che vedono nel disimpegno americano in Europa un’occasione per tornare a giocare alle grandi potenze.
Così ci stiamo compromettendo anche il futuro: l’iniziativa franco-britannica di inviare truppe in Ucraina a garanzia della pace non ha come obiettivo Putin, ma Trump. Serve a far fallire i negoziati che gli USA stanno portando avanti: la Russia, infatti, è disposta a negoziare, ma ad alcune condizioni. Una di queste è che non vi siano truppe o basi di Paesi NATO in Ucraina.
È cambiato qualcosa per la UE tra il primo e il secondo governo von der Leyen?
L’attuale Commissione UE sta reiterando gli stessi errori, peggiorandoli, perché non ha imparato nulla dai precedenti. La von der Leyen diceva che i russi rubavano le schede elettroniche delle lavatrici per avere i chip, Draghi che le nostre sanzioni avrebbero distrutto l’economia russa: oggi ci dicono che dobbiamo riarmarci perché i russi ci invaderanno. C’è un problema di autoreferenzialità della nomenclatura UE, che, anche con le politiche di riarmo, sta cercando di sottrarre sovranità ai singoli Stati.
Ora però ci sono i dazi di Trump. Cosa dovrebbe fare Bruxelles tenendo conto dell’iniziativa americana?
L’unica cosa da fare è chiedere a Putin di finirla qui e dire a Zelensky che la guerra è persa e va chiusa. Trump vuole che compriamo 350 miliardi all’anno di gas americano, che ci costerebbe sempre troppo rispetto a quello di Mosca. Noi dovremmo tornare a prendere il gas russo, ripristinando il Nord Stream: vedo questa come risposta alla minaccia del presidente americano.
Trump agita dazi spaventosi per poi andare a trattare; le sue dichiarazioni hanno fatto crollare le borse, anche se, dopo tre giorni, ha annunciato di voler negoziare facendole risalire: mi chiedo quanta gente abbia partecipato a una spettacolare speculazione, comprando azioni crollate che poi si sono riprese.
Che riflessioni dobbiamo trarre dalla condotta degli americani?
La morale è che gli americani non hanno alleati, hanno interessi. Noi non siamo seduti a tavola con loro e, se non sei a tavola, sei nel menù. Il segretario di Stato Marco Rubio dice che gli USA non vogliono andare via dall’Europa, ma che gli europei devono spendere il 5% del PIL per le armi, comprando, naturalmente, armi americane.
La realtà è che dovremmo cominciare a fare i nostri interessi, partendo dall’Italia. Qui sta saltando tutto: nel momento in cui i francesi e i britannici preparano la Coalition of the willing, stanno dicendo che i pilastri della sicurezza europea, NATO e UE, non esistono più.
UE e Cina hanno iniziato a trattare in relazione ai dazi sulle auto elettriche cinesi: l’apertura a Pechino, dopo i dazi di Trump, rischia di consegnarci a Xi Jinping? Soprattutto se, mantenendo il Green Deal, si offrono condizioni favorevoli alle imprese del Dragone?
Mantenere il Green Deal quando siamo in deficit energetico, abbiamo l’acciaio più caro del mondo e non disponiamo di materie prime, è una follia. Puntiamo sull’alimentazione elettrica, ma non riusciamo a produrre a prezzi ragionevoli l’energia per riscaldare le case: se devi far fronte al caro bollette, vuol dire che la tua energia costa troppo. Realizzare auto elettriche, in queste condizioni, mi sembra una contraddizione in termini. Poi c’è un altro aspetto da considerare.
Quale?
Non possiamo continuare ad avere reazioni umorali: gli americani dicono che bisogna chiudere i rapporti con i russi e noi lo facciamo; poi impongono i dazi e decidiamo di parlare con la Cina. L’Europa deve uscire da questa logica isterica e avere una politica razionale, che guarda ai suoi interessi. Kaja Kallas (alto rappresentante UE per gli Affari esteri, ndr) ha detto che la Cina è responsabile del fatto che la Russia continui a combattere. Da una parte ci allontaniamo dai russi, dall’altra guardiamo ai cinesi, che però li sostengono. Prima di decidere cosa fare, dovremmo avere una classe dirigente che sa cosa vuole.
In questo contesto, l’Italia come dovrebbe agire?
L’Italia è nel G7, è un Paese importante, deve negoziare con chi vuole. Ma come Italia, senza delegare a nessuno. Quando sento dire che Macron potrebbe rappresentare l’Europa al tavolo dei negoziati per la pace in Ucraina mi chiedo perché. In questo momento, solo la Costituzione gli permette di restare al suo posto in Francia.
L’Italia deve giocare su tutti i tavoli, direttamente con Trump e con i cinesi. Anche riaprendo le relazioni con la Russia. Non mi vengano a dire che non possiamo trattare con Paesi non democratici: da anni facciamo affari con i Paesi del Golfo. Non possiamo considerarli democratici, eppure ci piacciono tanto. Pensiamo ai nostri interessi: la UE non ha strategia e, con questa Commissione, non l’avrà mai.
Quali devono essere le priorità di questa strategia?
Il Mediterraneo a noi interessa, a UE e NATO no: curiamocelo noi. I russi fanno tanta paura in Ucraina, ma non importa a nessuno che siano in Libia, in Africa, a due passi dall’Italia: proviamo a costruire una strategia sotto questo profilo, che sia di sicurezza ma anche economica, commerciale.
L’Italia deve porsi come Paese guida per l’Europa del Mediterraneo, guardando a interessi che sono nostri e che Alleanza Atlantica e Bruxelles continuano a snobbare, guardando a nord, alla Scandinavia, ai Baltici, all’Artico. Il nostro Paese può giocare un ruolo importante dai Balcani al Sahel, ma deve agire come Italia: NATO e UE sono stati punti di riferimento e magari torneranno a esserlo, ma ora non lo sono più.
L’inviato speciale di Trump, Keith Kellogg, dice (anche se poi ha smentito) che l’Ucraina dovrebbe essere divisa in zone di influenza, usando il fiume Dnepr come una sorta di muro di Berlino. Un’ipotesi praticabile?
Quello che dice Kellogg, anche se smentito, è un dato di fatto. C’è un 20% di Ucraina che è in mano ai russi. Se l’Europa non fa la pace con Mosca, avremo una cortina di ferro che sarà lunga il doppio di quella della prima guerra fredda, perché comprende anche il confine finlandese. L’Ucraina, insomma, sarà già divisa e attraversata da una cortina di ferro.
(Paolo Rossetti)
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.