DAZI/ La tregua Usa-Ue rimette in marcia l’export degli alimentari made in Italy

- Manuela Falchero

Dopo pesanti perdite, formaggi, salumi e liquori tornano a registrare valori in crescita. Le opportunità per i nostri cibi tradizionali (e non solo)

parmigiano reggiano lapresse1280 640x300 Parmigiano Reggiano (Lapresse)

Una boccata d’ossigeno per una ricca parte del Made in Italy alimentare. L’accordo annunciato a Bruxelles tra Unione europea e Stati Uniti mette fine a una disputa che dura da quasi un ventennio. L’intesa sospende infatti per cinque anni l’applicazione dei dazi aggiuntivi bilaterali voluti dall’Amministrazione Trump, impegnando le parti a raggiungere una soluzione definitiva al lungo contenzioso sugli aiuti pubblici ai gruppi Airbus e Boeing. 

Le misure finora in atto, varate a seguito di una pronuncia dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto), prevedevano che a partire dall’ottobre 2019 fosse applicato dagli Usa un dazio aggiuntivo, pari al 25% del valore, su un’amplia lista di prodotti agroalimentari importati dall’Ue. 

In particolare – sostiene l’Ice, l’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane -, nel mirino dell’iniziativa sono finiti formaggi, liquori/cordiali e carni lavorate. Tre categorie che nel 2018 facevano complessivamente registrare esportazioni Made in Italy per 468,5 milioni di USD (dati Dogane Usa) e che quindi si stima siano state colpite dal dazio aggiuntivo del 25% per un valore calcolato intorno ai 117,2 milioni di USD.

La tempesta del 2020

Una vera e propria batosta, insomma, per le esportazioni di questi nostri prodotti. I monitoraggi ex post, impietosi, lo confermano. Sempre secondo quanto rilevato da Ice sulla base dei dati statistici di importazione, a fine 2020 i formaggi avevano segnato una contrazione pari al -21,8% nelle vendite e al -21,4% in quantità. Ma, a parziale consolazione, va detto che in questa categoria l’effetto dei dazi punitivi di ottobre 2019 è stato pienamente sentito anche da Francia, Spagna e Regno Unito, con perdite maggiori rispetto a quelle italiane, pari a -34% in valore e -25% in quantità. 

Le carni lavorate – all’interno delle quali sono compresi i salumi, colpiti dai dazi punitivi Usa – avevano perso il 78% delle vendite rispetto all’anno precedente, portando l’Italia a scivolare dal terzo al nono posto tra gli esportatori nel Paese. E non va meglio se si considerano i volumi, penalizzati da un calo del -43,6%. 

Flessioni a due cifre avevano poi toccato anche i Liquori/Cordials, categoria che ha scontato un calo del -39,9% nelle vendite e del -22,9% sotto il profilo delle quantità vendute.

Poi, la prima, seppur temporanea, sospensione delle misure voluta da Biden ha invertito la rotta. Sempre ICE rileva che a fine aprile 2021 i formaggi italiani hanno segnato un aumento pari al 10,9% in valore, contro il 7% della Francia e il 6,4% della Svizzera, mentre le carni lavorate tricolori hanno registrato un balzo del 50,5% rispetto all’anno precedente, distanziando di molto il Canada (+11,9%) e avvicinando il Brasile (+62%).

Potenzialità di crescita

Numeri alla mano, la nuova intesa tra Usa e Ue segna quindi una svolta. “Si tratta – commenta Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura – di un’ottima notizia e di uno stimolo aggiuntivo alla ripresa economica e per il miglioramento delle esportazioni agroalimentari. Gli Stati Uniti sono del resto il primo mercato di sbocco fuori dalla Ue per il Made in Italy di settore”. Ma non solo. “Con l’intesa raggiunta sono state poste le basi per mettere fine alla stagione dei dazi e delle misure di ritorsione, come metodo di soluzione delle dispute commerciali – sottolinea Giansanti -. La ripresa del dialogo tra Ue e Stati Uniti consente infatti di puntare sul rilancio del sistema multilaterale di gestione degli scambi commerciali a livello globale, aprendo così nuove opportunità di crescita per le nostre esportazioni agroalimentari”. 

Complice dunque la fine delle ostilità tra Washington e Bruxelles, per l’alimentare targato Italia “già quest’anno – afferma Giansanti – è possibile tagliare il traguardo storico di 50 miliardi di euro di vendite sui mercati internazionali”.

E in questo scenario, a presentare un maggiore potenziale di crescita sono le referenze tradizionali italiane. “Penso a vino, pasta, olio, formaggi, prosciutti – afferma Antonino Laspina, direttore dell’ufficio Ice New York e coordinatore Ice Usa -. Ma non è detto che altre categorie di prodotti innovativi non possano conquistare il mercato statunitense. E questo perché l’importanza data dalla popolazione statunitense alla salute e al benessere, e al concetto di Dieta Mediterranea facilitano la diffusione dei prodotti alimentari italiani. Gli americani infatti considerano i cibi tricolore più naturali, più curati, preparati con meno additivi e quindi più salutistici”. E queste caratteristiche ben si sposano con la generale tendenza in atto, che porta “il mito del mangiare veloce a lasciare il posto al piacere della preparazione e del consumo del cibo a casa”, conclude Laspina. 

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