Alla fine Trump e Xi Jinping troveranno una qualche forma di accordo: le economie di USA e Cina sono troppo interconnesse. I dazi imposti dagli USA, e tutto ciò che ne consegue, tuttavia, obbligheranno Pechino a dare il via a riforme importanti per aumentare il consumo interno.
Il Partito Comunista, osserva Giuliano Noci, prorettore del Polo territoriale cinese del Politecnico di Milano, ha dovuto rispondere colpo su colpo alle tariffe di Trump per non dare l’idea di subire la sua iniziativa, per continuare a legittimarsi davanti alla sua opinione pubblica come punto di riferimento indispensabile.
Sta cercando di costruire un sistema commerciale alternativo, sfruttando anche il vantaggio reputazionale concesso dalle iniziative americane: di fatto, lo choc dei dazi ha fatto in modo che i cinesi siano visti con maggiore simpatia dagli altri Paesi, contrariati a causa delle politiche statunitensi. Intanto la Cina ha deciso di sospendere l’esportazione delle terre rare.
Professore, perché i cinesi hanno risposto colpo su colpo ai dazi di Trump?
Il Partito Comunista, e quindi Xi Jinping, trova la sua legittimazione, in senso confuciano, nel riconoscimento della sua funzione di “papà forte” che provvede alla società. Una manifestazione di accondiscendenza rispetto a Trump andrebbe a impattare negativamente sulla considerazione del Partito: in qualche modo è impossibilitato a non reagire, qualificando la Cina come un interlocutore (tra l’altro l’unico) che si oppone alle intemperanze di Trump.
Che radici ha questa necessità di opporsi agli USA?
Dal 2008, dalla crisi finanziaria seguita al crac di Lehman Brothers, il Partito Comunista pensa e racconta al Paese che l’Occidente è in declino. Nella loro testa il passaggio del testimone dagli Stati Uniti alla Cina è questione solo di tempo. Per queste ragioni è impossibile per Xi Jinping non avere una reazione, anche se evidentemente l’operazione ha un costo significativo da un punto di vista economico.
Ma fino a che punto i cinesi sono disposti a sopportare questo costo?
Xi Jinping è andato in Vietnam, sta lavorando per cercare di attenuare gli effetti di questo disastro, nell’ambito di un programma di visite che comprende anche Cambogia e Malesia. E ha ripreso un dialogo strategico con l’Unione Europea. Da un lato tenta di costruire un sistema policentrico di integrazione commerciale che tenga conto dell’apparente volontà isolazionista di Trump, dall’altro lato sarà obbligato a fare quello che la Cina non ha mai fatto.
Cioè cosa?
I cinesi dovranno varare un piano di riforma interno, che stavolta non potrà essere di stimolo all’offerta, perché creerebbe un ulteriore eccesso di capacità produttiva che non potrebbero far ingoiare agli altri Paesi. Secondo me sono obbligati a introdurre misure a sostegno della domanda, che in questo momento è evidentemente il vero vulnus, il vero problema della Cina Popolare.
Concretamente che misure potrebbero dover adottare?
Non si tratta di misure banali, non basta certo sollecitare gli acquisti o, un po’ all’italiana, introdurre dei bonus. Il tema è più articolato: occorrono riforme per aumentare la propensione al consumo dei cinesi, attraverso la riduzione dei costi del sistema educativo, la riforma delle pensioni, che in questo momento sono troppo basse, la rimozione degli hukou.
Perché è importante agire anche in relazione agli hukou (lo hukou è una sorta di carta dello stato civile, nda)?
Quello degli hukou è un sistema per cui le persone che sono immigrate dalla campagna nei grandi centri non hanno gli stessi diritti dei cittadini. Si calcola che, se venisse rimosso, si produrrebbe una significativa crescita della domanda, nell’ordine del 30%. Ci sono, insomma, una serie di riforme che dovranno essere varate e che potrebbero essere determinanti nel liberare la propensione al consumo da parte dei cinesi.
Trump, dopo aver tuonato contro i cinesi imponendo dazi pesantissimi, come suo solito ha cambiato registro dicendo che è sempre andato d’accordo con Xi e che è disposto a trattare. Su cosa si possono accordare? Nel caso di un’intesa, la Cina potrebbe anche rinunciare a queste riforme?
Le riforme dovrà farle comunque, perché il mondo non sarà più come prima. Credo che Trump abbia innescato la fine della globalizzazione così come l’abbiamo vissuta dall’89 in avanti. Persino l’Europa sarà costretta a cambiare e, se non lo farà, avrà dei grossi problemi. USA e Cina sono obbligate a trovare un accordo, perché il livello di interconnessione tra le loro economie è talmente rilevante che, senza un’intesa, andrebbero a fondo entrambe.
Ma che tipo di intesa potrebbe raggiungere?
Mi immagino un accordo selettivo, che riguarderà alcuni settori. Certo è che comunque i cinesi, in questo momento, se da un punto di vista economico pagano le conseguenze delle scelte di Trump, da quello geopolitico hanno dei vantaggi. L’anno scorso erano il diavolo per tutto e per tutti, adesso non sono diventati angeli, però Trump ha servito loro su un piatto d’argento un parziale recupero di immagine. Il presidente americano ha arrecato un danno reputazionale mostruoso agli Stati Uniti, mentre i cinesi, senza fare nulla, hanno ottenuto un recupero parziale della propria reputazione.
Sì, ma in qualche modo un punto di equilibrio sui dazi va trovato. Quale?
Definiranno selettivamente dei corridoi privilegiati e si accorderanno su questi, perché tengono in piedi entrambe le economie. Per molte categorie merceologiche la Cina è il principale fornitore degli USA. Trump ha dovuto togliere temporaneamente i dazi sugli smartphone perché provengono per il 90% dalla Cina. Se si va avanti così, fra un mese, gli scaffali di Walmart saranno mezzi vuoti oppure la merce costerà il doppio. I cargo non partono più da 20 giorni.
Trump ha annunciato che imporrà dazi anche sui semiconduttori: la guerra commerciale è più marcata in ambito tecnologico?
La Cina ha dimostrato di diventare progressivamente autonoma. Per quanto riguarda il tema semiconduttori, credo che i cinesi faranno un “salto della quaglia” lavorando sulle tecnologie fotoniche. In realtà, Pechino in questi 10-15 anni si è preparata per acquisire una buona capacità di sviluppo e di innovazione interna, si è creata gli anticorpi per gestire questo tipo di situazione. L’arrivo di Deep Seek dimostra con chiarezza che i cinesi hanno una capacità di sviluppo tecnologico significativa. Del resto, loro hanno la più grande popolazione di ingegneri al mondo e il vantaggio di sfornarne milioni ogni anno.
(Paolo Rossetti)
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.