Il Disegno di legge (Ddl) sull’intelligenza artificiale (IA), approvato con alcune novità il 20 marzo dal Senato italiano, rappresenta un passo significativo nella regolamentazione di questa tecnologia oramai onnipervasiva (GPT, General Purpose Technology).
Il Governo Meloni ha voluto imprimere una forte accelerazione su un testo che era stato fermo in Commissione per quasi un anno (il testo era stato licenziato dal Consiglio dei ministri il 23 aprile 2024), a testimonianza della rilevanza che tale provvedimento riveste per l’Esecutivo. Con 85 voti favorevoli, 42 contrari e nessun astenuto, il provvedimento stabilisce principi fondamentali e linee guida per l’implementazione e l’utilizzo dell’IA in vari settori della società italiana.
Il Ddl consta di 6 capi ed è così composto: gli articoli da 1 a 6 sono dedicati a norme di principio; da 7 a 16, a disposizioni relative a settori strategici quali sanità, lavoro, giustizia, Pubblica amministrazione, professioni liberali; da 17 a 22, alla governance complessiva e alle Autorità nazionali; da 23 a 24, al diritto d’autore e alla tutela degli utenti, l’articolo 25, alle sanzioni penali; l’articolo 26, alle disposizioni finanziarie finali.
Il Ddl definisce i principi generali, ripresi dal comunitario AI Act, i quali mirano a garantire la tutela dei diritti fondamentali, la trasparenza, la tracciabilità dei sistemi e la prevenzione di discriminazioni. Quest’impostazione riflette l’intento del legislatore di bilanciare l’innovazione tecnologica con la tutela dei diritti fondamentali, inserendosi nel più ampio contesto del dibattito internazionale sulla regolamentazione etica dell’IA in un’ottica che viene definita antropocentrica.
Una parte cospicua del Ddl viene dedicata alla regolamentazione settoriale. Nell’area sanitaria, viene riconosciuto il contributo dell’IA al miglioramento del sistema nel suo complesso, alla prevenzione, alla diagnosi e alla cura delle malattie, stabilendo tuttavia che i sistemi di IA debbano avere una funzione di supporto, lasciando impregiudicata la decisione finale al personale medico. Il provvedimento vieta di condizionare, inoltre, l’accesso alle prestazioni sanitarie a criteri discriminatori tramite l’impiego di strumenti di IA.
Per quel che riguarda il lavoro, il Ddl ha l’obiettivo precipuo di migliorare le condizioni lavorative, salvaguardare l’integrità psico-fisica dei lavoratori e incrementare la produttività, nel rispetto della dignità umana e della riservatezza dei dati personali. Viene istituito un Osservatorio ad hoc presso il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali con il fine di monitorare l’adozione dei sistemi di IA nei posti di lavoro.
Per quanto concerne la giustizia, questi sistemi verranno utilizzati esclusivamente per l’organizzazione e la semplificazione del lavoro giudiziario, nonché per la ricerca giurisprudenziale e dottrinale. Verrà sempre riservata al magistrato, invece, la decisione sull’interpretazione e applicazione della legge, sulla valutazione dei fatti e delle prove nonché sull’adozione dei relativi provvedimenti.
Le pubbliche amministrazioni dovranno adottare misure tecniche, organizzative e formative per assicurare un utilizzo “responsabile” dell’IA. Viene promossa la conoscibilità del funzionamento dell’IA e la tracciabilità del suo utilizzo agli interessati col fine di rispettare l’autonomia e il potere decisionale della persona, che resta l’unica responsabile dei procedimenti amministrativi.
Per quanto riguarda l’utilizzo dell’IA negli studi professionali, questa è finalizzata al solo esercizio delle attività strumentali e di supporto con prevalenza del lavoro intellettuale oggetto della prestazione d’opera e il suo eventuale utilizzo deve essere oggetto di informativa ai clienti. I professionisti, infine, saranno tenuti a seguire corsi di alfabetizzazione e di formazione.
Il Ddl definisce una governance italiana sull’IA, prevedendo una Strategia nazionale che deve essere approvata con cadenza almeno biennale dal Comitato interministeriale per la transizione digitale (Citd). Questa strategia mira a favorire la collaborazione tra amministrazioni pubbliche e soggetti privati, coordinare l’attività pubblica, promuovere la ricerca e indirizzare gli incentivi per lo sviluppo industriale dell’IA. Il testo esclude dal suo ambito applicativo le attività connesse ai sistemi di IA condotte per fini di sicurezza nazionale, cybersicurezza e difesa nazionale, pur mantenendo fermo, per queste attività, l’obbligo del rispetto dei diritti fondamentali previsti dalla Costituzione. Questa esclusione risponde all’esigenza di garantire flessibilità operativa in settori strategici, bilanciando sicurezza e salvaguardia dei principi democratici.
Il testo affronta il tema della sovranità digitale, stabilendo che i sistemi di IA destinati a uso pubblico debbano essere installati su server localizzati nel territorio nazionale, con l’eccezione dei sistemi impiegati all’estero nell’ambito di operazioni militari. Questa disposizione mira a garantire la sicurezza dei dati sensibili dei cittadini, in linea con le crescenti preoccupazioni globali sulla protezione dei dati personali. Le Autorità nazionali, cui saranno demandate le attività di controllo e sorveglianza, sono l’Agenzia per l’Italia digitale (Agid) e l’Agenzia nazionale per la cybersicurezza (Acn).
Proprio su questi aspetti, durante la discussione in aula, si è registrata la maggiore distanza tra maggioranza e opposizione quando un emendamento di FdI è stato dapprima approvato e poi, a seguito dell’intervento del sottosegretario, con delega all’Innovazione tecnologica e transizione digitale, Alessio Butti, ritirato. Il sottosegretario, a cui si deve l’impulso decisivo per l’approvazione del provvedimento, ha successivamente dichiarato che è stata costruita una “governance solida”.
Vengono estese ai ricercatori attivi nelle tecnologie di IA le agevolazioni fiscali per i lavoratori impatriati, con l’obiettivo di attrarre talenti che si sono formati a livello internazionale. Inoltre, il provvedimento stanzia un miliardo di euro per investimenti nel capitale di rischio di imprese operanti nei settori dell’IA, cybersicurezza, tecnologie quantistiche e sistemi di telecomunicazioni, utilizzando le risorse del Fondo di sostegno al venture capital, avvalendosi di Cdp Venture Capital Sgr.
Ed è proprio l’accenno alle tecnologie quantistiche un ulteriore aspetto di novità del testo attuale. Ciò è probabilmente da mettersi in relazione con la recente elaborazione della “Strategia italiana per le tecnologie quantistiche” da parte del ministero dell’Università e della Ricerca (Mur), del ministero delle Imprese e del Made in Italy, del ministero della Difesa, dell’Acn e del Dipartimento per la Transizione digitale (Dtd) della presidenza del Consiglio dei ministri e la costituzione del “Quantum Technologies Coordination Group” presso la Dtd.
Il Ddl regola, infine, la tutela del diritto d’autore per le opere generate con l’ausilio dell’IA, stabilendo che queste siano protette a condizione che la loro creazione derivi dal lavoro intellettuale dell’autore. Consente, inoltre, la riproduzione e l’estrazione da opere o materiali contenuti in rete o banche dati attraverso sistemi di IA, compresi quelli generativi. È stato eliminato, invece, il watermark su testi, video e immagini che era stato inizialmente previsto.
Sul piano delle sanzioni penali è stata mantenuta la disposizione sui deep fake (da uno a cinque anni di detenzione), mentre è stato rivisto l’impianto complessivo in tema di vincoli e restrizioni inerenti la ricerca sanitaria nonché quello relativo alle forze di polizia e ai servizi di intelligence, nell’espletamento di attività inerenti la sicurezza nazionale.
In definitiva, il provvedimento, ora all’esame della Camera, il cui elemento distintivo è l’attenzione dedicata al potenziamento dell’ecosistema nazionale, costituisce un importante contributo al dibattito sulla regolamentazione dell’IA, e per quel che qui di interesse, di promuoverne un utilizzo “corretto, trasparente e responsabile, in una dimensione antropocentrica”.
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