È stato approvato anche dalla Camera il Decreto Cittadinanza, cosa cambia: stretta sul principio dello ius sanguinis, limitato a due generazioni
È stato approvato in via definitiva dalla Camera – con 137 voti favorevoli e 83 contrari – il decreto Cittadinanza, che vede come primo firmatario il Ministro degli Esteri Antonio Tajani, intenzionato a revisionare il principio dello ius sanguinis, ovvero il “diritto di sangue” che concede di diventare cittadini italiani grazie a una discendenza con un parente che detiene già la cittadinanza: quella adottata da Tajani è una vera e propria stretta, che pur conservando il principio dello ius sanguinis lo limita al minimo indispensabile, facendo valere il principio del “vincolo effettivo” utile a dividere chi vuole effettivamente diventare cittadino italiano e chi, invece, ambisce solamente a un documento facile per scappare all’estero.
Partendo dal principio, per comprendere al meglio le novità del decreto – discusso la prima volta lo scorso marzo dal Consiglio dei ministri ed ora approvato dalla Camera – è importante ricordare il sistema attuale: ora come ora (o meglio, fino a poco fa), oltre ai principi come la residenza o il matrimonio, la cittadinanza si può ottenere anche per ius sanguinis, dimostrando di aver avuto almeno un antenato italiano dal 1861 – ovvero la proclamazione del Regno d’Italia – a questa parte; sistema – quest’ultimo – alla base di diverse truffe e utilizzato nel 2023 da più di 190 mila persone (più della metà del totale delle richieste presentate).
Tutte le novità previste dal decreto Cittadinanza: dallo ius sanguinis agli apolidi, cosa cambia
Il nuovo metodo per ottenere la cittadinanza – dicevamo già prima – privilegerà il vincolo effettivo del richiedente con il territorio, la cultura e la lingua italiana: il principio dello ius sanguinis, infatti, è stato ridotto a sole due generazioni precedenti a chi presenta la domanda, con la necessità (insomma) di dimostrare che i propri genitori o nonni siano cittadini italiani o abbiano quanto meno vissuto continuativamente per almeno due anni prima della nascita del richiedente.
Similmente, cambia anche il metodo per ottenere la cittadinanza da parte dei cosiddetti apolidi e dei minori stranieri nati – in entrambi i casi – da almeno un genitore cittadino italiano: in questo caso devono essere i genitori (o tutori) a presentare la domanda, impegnandosi a vivere continuativamente per i successivi due anni sul territorio italiano; mentre è stata prevista anche una deroga per le richieste di riacquisto della cittadinanza da parte di chi l’ha persa dopo averne acquistata una straniera: in questo caso basterà pagare 250 euro, ma la possibilità sarà concessa solamente per i prossimi due anni.
Infine, l’ultimo punto importante del decreto Cittadinanza riguarda la possibilità di entrare in Italia per ragioni di lavoro eccedendo i limiti imposti dal decreto flussi: anche in questo caso sarà necessario dimostrare di aver avuto un parente cittadino italiano entro il secondo grado; mentre la possibilità di rientrare in questa categoria è limitata alla provenienza da un Paese “destinazione di rilevanti flussi di emigrazione italiana”, con l’elenco che sarà formulato nei prossimi giorni dal dicastero di Tajani.