Pur avendo molte riserve, la famiglia di Chiara Poggi vuole collaborare fino in fondo per chiudere definitivamente il caso del delitto di Garlasco, di cui si parla oggi nella nuova puntata di Quarto Grado, ed evitare riaperture future. In vista del maxi incidente probatorio del 17 giugno, la famiglia della vittima vuole ampliare il test del DNA a tutti coloro che potrebbero aver toccato il corpo (medici, soccorritori, tecnici, investigatori), per evitare che in futuro si trovi altro DNA che possa riaprire il caso inutilmente.
Infatti, l’avvocato Gian Luigi Tizzoni ha espresso apertamente il timore che tra dieci anni si torni a parlare di un nuovo “Ignoto 7, 8 o 9”, cioè di nuovi sospetti basati su tracce parziali. Tra le persone che si vogliono coinvolgere c’è anche Marco Panzarasa, amico di Alberto Stasi, che usò il computer dell’allora fidanzato di Chiara Poggi a Londra, lo stesso usato dalla vittima la sera prima di morire: questo per stabilire se quella traccia di DNA possa essere spiegata in modo innocuo.
DELITTO DI GARLASCO, LA POSIZIONE DELLA FAMIGLIA POGGI
Intanto, le differenze tra le posizioni della famiglia della vittima e della Procura di Pavia sono emerse anche nell’udienza dello scorso 16 maggio, riguardo alla comparazione del DNA di Alberto Stasi. Il legale dei genitori di Chiara Poggi ha espresso le sue perplessità su questa nuova fase, visto che la condanna è passata in giudicato dopo otto anni di processi e “sette tentativi finora andati a vuoto” di riaprire il caso del delitto di Garlasco.
Nonostante ciò, la famiglia è disponibile a ogni accertamento affinché si arrivi a un punto. La posizione dei Poggi ha suscitato lo stupore del procuratore aggiunto Stefano Civardi, secondo Il Giorno, perché non si aspettava che l’incidente probatorio venisse condotto in maniera diversa rispetto a quanto prospettato dal PM: atteggiamento che sarebbe stato comprensibile se espresso dalla difesa del nuovo indagato, Andrea Sempio.
L’ALIBI DI ANDREA SEMPIO PUÒ CROLLARE?
In questo complesso quadro si inserisce il giallo dell’alibi di Andrea Sempio, perché la madre, Daniela Ferrari, ne ha fornito uno per il figlio, dicendo di essere stata a Gambolò a fare la spesa la mattina del 13 agosto 2007, giorno del delitto di Garlasco. Eppure, c’è una testimonianza che la smentisce, secondo Il Messaggero: quella di un ex vigile del fuoco, amico della famiglia Sempio, secondo cui la donna non era a Gambolò, ma a Vigevano, dove lui lavorava in caserma.
Gli inquirenti sono riusciti a risalire all’uomo dall’analisi del traffico telefonico dei Sempio: Daniela Ferrari e il pompiere si scambiarono diversi messaggi la sera prima del delitto e due il giorno stesso, al mattino. Convocato due volte, l’uomo ha fornito una versione diametralmente opposta rispetto a quella della madre di Sempio. Sarebbe stata lei a prendere il biglietto del parcheggio a Vigevano, non il figlio.
Gli inquirenti starebbero anche rivalutando l’orario della morte di Chiara Poggi, ritenendo “presunta” la fascia temporale tra le 9:12 e le 9:35. Quindi, lo scontrino non sarebbe più un alibi. Il giornale fa anche notare che, in un’intercettazione, il padre di Sempio riferiva al figlio di aver detto agli inquirenti che erano insieme a casa il giorno del delitto di Garlasco, ma quel giorno Sempio fu vago con gli inquirenti, dicendo di non ricordare se il padre fosse in casa.