Anche l’avvocato Antonio De Rensis prende le distanze dalle illazioni e insinuazioni circolate negli ultimi giorni sul delitto di Garlasco, e in particolare sulla figura di Chiara Poggi. «Io mi sono imposto dal primo giorno di non parlare mai della povera Chiara, se non nei termini di una povera vittima, di non commentare mai il dolore di questi poveri genitori, così come non commenterei quello della povera mamma di Alberto. Sono molto concentrato sull’indagato, sull’“in concorso con altri”. Sono molto concentrato sull’aspetto giudiziario; queste tematiche giornalistiche non mi competono», ha dichiarato il legale di Alberto Stasi a Ore 14.
In riferimento al presunto giallo del secondo cellulare, che in realtà era stato chiarito già negli anni passati, De Rensis ha spiegato: «Per me la povera Chiara poteva avere duecento telefoni o nessuno, non cambia nulla. Secondo me, la procura dovrebbe chiamare la testimone, ammesso che alla procura interessi, ma credo che le priorità siano altre. Io sono più concentrato sullo scontrino».
Per De Rensis passa in secondo piano anche la questione dei pedali della bicicletta, sostituiti dal suo cliente, essendo stata affrontata nel processo: «Sono un pochino stanco e affaticato di dover parlare di un processo che hanno affrontato altri. Quando mi interpellate, io parlo della seconda indagine».
DELITTO DI GARLASCO, LA TESI DI DE RENSIS SUL MOVENTE
Peraltro, l’avvocato De Rensis ritiene che ci si debba soffermare sull’inchiesta attuale del delitto di Garlasco: «C’è un grande approfondimento sui pedali, ma poi si sorvola sull’indagine attuale. Ci sono dichiarazioni su uno scontrino che potrebbero essere una bufala, sul DNA trovato, sull’impronta sul muro… e stiamo qua a parlare dei pedali della bicicletta».
In questa vicenda piena di dolore, ha la sua idea riguardo al possibile movente, ribadendo la sua convinzione circa l’estraneità di Alberto Stasi, e quindi la sua innocenza: «Chiara è stata uccisa perché è diventata scomoda per qualcuno. Per la giustizia italiana, per Alberto, secondo me no. Non c’è alcuna corrispondenza tra l’omicidio e l’innamoramento per Alberto, perché chi l’ha uccisa lo ha fatto per altri motivi. Anche se non condivido alcuna parola di ciò che ha detto il mio collega Lovati, che stimo, sono coadiuvato da lui che, con le sue tesi che non giudico, pensa sia stata uccisa perché aveva scoperto qualcosa».