Legali, consulenti e periti di tutte le parti coinvolte nel delitto di Garlasco si sono trovati presso gli uffici della Questura di Milano per l’incidente probatorio, iniziato con la verifica dei verbali di custodia dei reperti. Sono pagine importanti, perché chi ha raccolto il materiale ha riportato una serie di dati che riguardano la conservazione, un tema su cui gli esperti sono divisi.
Ad esempio, il generale Luciano Garofano, ex comandante dei RIS, ora consulente della difesa di Andrea Sempio, al suo arrivo ha anticipato che verranno aperti alcuni reperti: quindi, la priorità è verificarne le condizioni prima di procedere con le campionature da sottoporre successivamente all’analisi del DNA.

La conservazione dei reperti, quindi la catena di custodia, sono questioni “assolutamente importanti” per Garofano, che non si è sbilanciato, visto che finora i reperti non erano stati riaperti, ma solo ritirati.
DELITTO DI GARLASCO, I DUBBI SUI REPERTI
Per Dario Radaelli, consulente della famiglia di Chiara Poggi, è “oggettivo” dubitare della conservazione dei reperti, anche perché “pare che siano stati conservati a temperatura ambiente“. Di parere diverso rispetto all’ex poliziotto è l’avvocato Giada Bocellari, legale di Alberto Stasi, secondo cui i reperti sarebbero stati “conservati come dovevano“.
DELITTO DI GARLASCO, LE ANALISI
I consulenti nominati dalla procura, Denise Albani e Domenico Marchigiani, avranno il compito di esaminare anche gli esiti delle analisi condotte sul materiale biologico rinvenuto sotto le unghie di Chiara, su un frammento del tappetino del bagno, su confezioni di tè e su altri oggetti riconducibili alla sera del delitto.
A questi si aggiungono circa sessanta “para-adesivi” contenenti impronte, anch’essi da analizzare. Per questa complessa attività peritale, incentrata sui profili genetici, è previsto il coinvolgimento di una squadra composta da circa undici esperti, e i lavori si protrarranno per diversi mesi.
La giornata odierna segna l’avvio di un confronto basato su criteri scientifici, in cui i riscontri su DNA e impronte digitali avranno un ruolo decisivo. La riapertura delle indagini sul delitto di Garlasco ha infatti delineato un quadro diverso rispetto a quello su cui si era fondata la condanna definitiva a 16 anni inflitta ad Alberto Stasi, all’epoca fidanzato della vittima.