SELVAGGIA LUCARELLI E L’OMICIDIO DI CHIARA POGGI
Nel suo primo articolo sulla riapertura del delitto di Garlasco, Selvaggia Lucarelli ha scritto di essere convinta che Alberto Stasi sia l’assassino di Chiara Poggi, ma al tempo stesso ritiene che, se fosse stata il giudice del caso, lo avrebbe assolto. La giornalista ne ha parlato ad Accordi & Disaccordi, sul Nove, spiegando perché non si tratti di una contraddizione.
“Penso che la storia di Garlasco sia un’occasione persa per tutti. Poteva essere l’occasione di parlare di un tema molto poco nazionalpopolare e molto poco compreso dall’uomo medio. Ed è il parlare della differenza tra verità processuale, quella che si stabilisce in un’aula di tribunale, e la verità assoluta, oggettiva, quella che riassume i fatti che sono accaduti veramente”, ha premesso nello studio di Luca Sommi.
In altre parole, ha ribadito un concetto che stiamo ascoltando nuovamente da giorni: “Se non si arriva a determinare la colpevolezza di qualcuno oltre ogni ragionevole dubbio, non si condanna”. Per Selvaggia Lucarelli non ci sarebbero elementi sufficienti per condannarlo, “perché un altro scenario, seppure molto improbabile, dal mio punto di vista è possibile”. Per la giornalista, l’allora fidanzato di Chiara Poggi al 99% è il killer. “Ma quell’1%, se io fossi stato un giudice, l’avrei considerato e non l’avrei condannato. Non sono un giudice, quindi… Sto difendendo un principio giuridico sacrosanto”.
IL CIRCO MEDIATICO SUL DELITTO DI GARLASCO
Ma Selvaggia Lucarelli si è soffermata anche sul “circo mediatico” attorno al delitto di Garlasco, partendo dal problema della disinformazione. Ad esempio, ha citato Massimo Giletti, che a Porta a Porta ha dichiarato che la condanna a 16 anni di carcere di Alberto Stasi è bassa: “Questo lo può dire una persona comune che non ha gli strumenti per esprimere giudizi in merito. Ma tu, Massimo Giletti, dovresti sapere che Stasi è stato condannato a 24 anni di pena. Aveva chiesto il rito abbreviato, che prevede un terzo di sconto di pena, e sono diventati 16 anni”.
La giornalista, nel corso del suo intervento, ha fatto riferimento anche ad alcuni titoli sull’impronta sul muro, che non è insanguinata, ma colorata in seguito all’utilizzo di un reagente: “Se l’impronta fosse stata insanguinata, non staremmo neanche qui a parlare”.
Lucarelli tira in ballo anche tutte le piste alternative che si stanno accumulando sui giornali e che, a suo dire, indicano una sola cosa: “Non c’è una pista seria. Perché, se ce ne fosse una, non se ne starebbero raccontando altre cento. Quindi vuol dire che questo è fumo negli occhi”.
LA DISINFORMAZIONE DEI MEDIA
Nel mirino di Selvaggia Lucarelli finisce anche Carlo Bonini di Repubblica, il quale, in un suo articolo, ha riportato una grave lacuna investigativa: quella del mancato approfondimento della vicenda del doppio telefono di Chiara Poggi, alimentando le voci su una vita torbida della vittima. La giornalista ha spiegato che, in realtà, l’approfondimento c’è stato, quindi il collega non avrebbe letto le sentenze, in particolare quella dell’appello bis, da cui si evince che il secondo telefono, in realtà, era uno che aveva sostituito perché vecchio.
Dalle verifiche effettuate anche sulla SIM è emerso che aveva semplicemente cambiato telefono, conservando quello vecchio nella sua camerata. “Tutto questo diventa un pretesto per immaginare che ci siano state piste non battute o che Chiara avesse questa seconda vita con amanti. Eppure la verifica è semplice”.
Dunque, c’è anche un problema di informazione, per la giornalista, che ha poi affrontato un altro tema delicato: quello degli attacchi social ai genitori della vittima. “C’è una ferocia nei loro confronti che non ho mai visto nei confronti di nessuno”. Oltre al dolore per la morte della figlia, devono avere a che fare con insinuazioni, anche sull’altro figlio, Marco Poggi, che qualcuno prova a collocare sul luogo del delitto.
LA DIFESA DI ALBERTO STASI E LE IENE
Selvaggia Lucarelli si è poi soffermata sulla difesa di Alberto Stasi, “che non ha mai mollato”, cercando di far riaprire il caso, come poi è accaduto. Per quanto riguarda l’avvocato De Rensis, lo ha descritto come “fortemente mediatico” e riferisce che è stato lui a smuovere Le Iene e avrebbe provato a portare dalla sua parte Fabrizio Corona.
Per quanto riguarda il super testimone, a portarlo a Le Iene sarebbe stato l’ex maresciallo Francesco Marchetto, secondo Lucarelli, che ha poi delineato la figura di quest’ultimo: condannato per falsa testimonianza (reato poi prescritto) e successivamente per favoreggiamento della prostituzione e peculato, è stato anche coinvolto in una battaglia giudiziaria con alcuni colleghi.
“Quindi trova questo super testimone che è… un uomo molto semplice, dicono un bravo uomo, qualcuno mi dice, non con una personalità granitica, un po’ malleabile, che qualcuno chiama simpaticamente ‘il Pirlòn’ nel paese: questo è il suo soprannome”.
Il problema del racconto del super testimone è che non è verificabile, eppure gli è stata data la possibilità di parlare. “Il giornalista può aprire un microfono, far parlare chiunque, mandare in onda una testimonianza, qualunque cosa quella persona ti dica, anche se non è credibile?”, si chiede Selvaggia Lucarelli.
DALLE GEMELLE CAPPA AL MINISTRO NORDIO
Per quanto riguarda le gemelle Cappa, per la giornalista “pagano un peccato originale, che è quello del famoso fotomontaggio che fecero all’epoca”. Ma non sono state mai indagate, dopo tutte le verifiche del caso. “Eppure c’è un odio nei loro confronti che chiaramente non nasce da un fatto specifico”, ma da “suggestioni portate avanti dalla maggior parte dei giornali, che continuano a insinuare che loro possano entrare in questa vicenda, addirittura possano essere collocate sul luogo del delitto”.
Lucarelli si è espressa anche sulle dichiarazioni del ministro della Giustizia, Carlo Nordio: “Trovo irrazionale che si esprima su un iter giudiziario che evidentemente non conosce. Il processo è stato rifatto. È stato rifatto l’appello, con nuovi elementi, tra l’altro. Quindi evidentemente era mal informato, e il fatto che sia mal informato anche il ministro della Giustizia su questo caso mi fa tremare”.
Infine, in merito alla nuova indagine sul delitto di Garlasco, ha ribadito che il fatto che ci siano tante piste è la dimostrazione che non ci sia qualcosa di solido. Si lancia quindi in una provocazione riguardo l’arma del delitto e il ritrovamento di alcuni attrezzi a Tromello: “Non è che ce la buttate qualcuno? Tanto siamo qui che tiriamo fuori un’ipotesi al giorno. Permetti anche a me, a un certo punto, di tirare fuori un’ipotesi un po’ bislacca. Che però forse non è tanto bislacca”.