A volte la crisi è una questione di vocali e consonanti. La pensa così, almeno, Dejan Krusec, l’esperto di stabilità finanziaria della Banca Centrale Europea, secondo cui «se la situazione attuale si svilupperà come una crisi “a V” allora le banche europee sapranno superarla perché paiono sufficientemente capitalizzate e potranno avviarsi verso un percorso di recupero. Se invece si tradurrà in una crisi “a U”, allora i problemi diventeranno seri. Ci sono 25 banche nell’Unione Europea che stiano attentamente monitorando a tale riguardo, potrei dire addirittura strategicamente», ha confermato nel corso di un dibattito organizzato da Fitch sulla situazione dell’Est europeo. Per poi proseguire: «Il problema non è il 2009, riteniamo infatti che per quest’anno la capitalizzazione sia sufficiente, il problema è il 2010. Siamo molto preoccupati riguardo la durata di questa crisi».
Il problema è che di fatto, la stessa Banca Centrale Europea ha implicitamente reso noto che la crisi purtroppo sarà “a U”: come spiegare altrimenti un ulteriore taglio delle previsioni con la contrazione su base annua al 4,6%, 0,3% più dell’ultima stima? Insomma, nessun segnale di ripresa fino a metà del 2010: la crisi, purtroppo, non è “a V”. E la Bce, ora, corre ai ripari.
Anche il Fondo Monetario Internazionale ha rinnovato la propria richiesta verso le banche europee di ripulire gli assets per evitare possibili default e limitare i danni. Per Piroska Nagy, advisor alla Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (Bers), ci troviamo di fronte ad un’arma a doppio taglio rispetto all’Est europeo: «Se le banche dell’Europa continentale si ritireranno da quel mercato per evitare danni ulteriori causeranno il completo collasso del sistema bancario dell’Est». A tal fine sia la Bers che la Banca Mondiale hanno messo sul piatto un fondo da 25 miliardi di euro al fine di scoraggiare l’abbandono di massa dell’Est, ma la stessa Nagy ammette che «è una somma considerevole ma in effetti non sufficiente».
E analisti ed esperti non sono gli unici a temere il peggio. In un sondaggio condotto da Fitch durante la conferenza, il 30% dei manager di fondi interpellati ha detto di aspettarsi diversi default tra gli Stati dell’Est mentre l’11% si aspetta un default sistemico e generale. Occorre ricordare che le banche europee sono esposte per 1,6 trilioni di euro nella regione con Austria, Belgio, Svezia e Olanda tra i capofila: la scorsa settimana il crollo del lat lettone ha messo in allarme la Svezia, costretta a chiedere un prestito d’emergenza alla Bce ma le situazioni che contemplano grandi accumulazioni di perdite stanno ora colpendo anche Ungheria, i Balcani, la Russia e la Turchia.
Quindi, non solo la Lettonia rischia grosso. Per James Watson, direttore di Fitch a Mosca, ad esempio «la sopravvivenza della maggior parte delle banche private in Ucraina è a fortissimo rischio» ma l’agenzia di rating ha già dato vita a simulazione riguardo il cosiddetto “worst case scenario” ed è emerso che la Russia accumulerebbe perdite per 135 miliardi di euro, l’Ucraina per 46 miliardi e il Kazakistan per 38 miliardi.
Nella migliore delle ipotesi di scenario, invece, le perdite per questi tre stati sarebbero di “soli” 122 miliardi. Tanto più che quest’anno dovranno rifinanziare il debito estero per 145 miliardi e pagare gli interessi attraverso un rublo completamente svalutato. La grande paura, al di là delle devastanti conseguenze finanziarie, è però per la stabilità politica di quei paesi in caso di crisi: «C’è un limite alle sofferenze che una democrazia può sopportare», ha dichiarato Edward Parker, capo del dipartimento per l’Europa dell’Est di Fitch. Come dire, la tentazione populistica della rivolta e della destabilizzazione in chiave autoritaria, nazionalista e fortemente anti-europea è dietro l’angolo se non si interviene.
Non è un caso che la Russia abbia subito spedito un pesante segnale al mercato globale dei bond avvertendo che la propria Banca centrale intende tagliare la percentuale di titoli del Treasury Usa, il debito statunitense, presente nelle proprie riserve. La guerra fredda, a volte, può proseguire con altri metodi. Meno bellicosi ma certamente non meno pericolosi per la stabilità globale: è la geo-finanza, occorrerà imparare a conoscerla e conviverci poiché sarà l’arma di distruzione di massa del futuro.