Dopo anni (forse decenni) di dibattito politico e sociale sostenuto da una certa ala politica e da diversi esponenti – anche ecclesiastici – della società, alla fine è arrivato il parare dell’Osce (ovvero l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) sull’idea che la denatalità dilagante in buona parte delle società occidentali – Italia in cima all’elenco – si possa risolvere grazie ad un maggiore afflusso di migranti: una tesi che parte del presupposto che tendenzialmente chi arriva da altri paese è più propenso – anche in virtù delle migliori condizioni economiche – a fare figli, combattendo la denatalità e contribuendo anche dal punto di vista economico e contributivo.
Prima di arrivare al parare dell’Osce sul presunto apporto delle migrazioni, vale la pena ricordare che l’analisi – firmata dalla rappresentante per il cambiamento demografico Gudrun Kugler – parte dal precisare che la denatalità è da intendere come una “questione di cultura e identità” che finirà per “modificare radicalmente le nostre società” e che dovrebbe “essere trattato come una questione politica primaria” dato che inevitabilmente – specie a lungo termine – impatterà “sulla struttura sociale, infrastrutture, forza lavoro, pensionamento, vecchiaia e salute, finanze statali e sicurezza” in una traiettoria discendente alla quale “non siamo adeguatamente preparati“.
L’analisi Osce sulla denatalità: “I migranti sono una soluzione a breve termine, ma anche un sfida sul lungo periodo”
Mettendo in fila le varie possibili alternative per invertire i drammatici trend della denatalità, il report Osce dedica una lunga analisi sulla già citata ‘opzione’ migranti, chiarendo fin da subito che si tratta di una soluzione che può dare solamente un “sollievo (..) temporaneo” aprendo al contempo a “conseguenze complesse”: da un lato – infatti – si tende ad ignorare che “anche gli immigrati invecchiano e alla fine avranno bisogno di sostegno” con la conseguenza (forse ovvia) che “il numero di anziani (..) non diminuisce nel lungo termine“; mentre dall’altro lato resta aperta – sia nel breve che nel lungo termine – la sfida “all’integrazione” che passa anche per una chiara “difficoltà di mantenere la coesione sociale e la fiducia all’interno della comunità”.
Non solo, perché secondo l’analisi Osce chi sostiene la tesi migratoria contro la denatalità tende anche ad ignorare che – sempre in riferimento all’inevitabile invecchiamento degli stranieri – si rischia di creare un sistema “perpetuo di crescita esponenziale e insostenibile del numero di nuovi arrivi” per mantene l’effetto “a breve termine sulla struttura per età della popolazione”; il tutto aprendo anche ad una – non irrilevante – questione etica visto che il costante bisogno di nuove persone giovani alimenta “la fuga dei cervelli” da paesi che a loro volta “invecchiano”, compromettendone “lo sviluppo [e] privandoli dei talenti autoctoni”.