Secondo un recente studio giapponese per evitare l'estinzione umana a causa della denatalità servono almeno 2,7 figli per donna: tutti i dati
In un periodo in cui ci si interroga sempre più frequentemente sul fenomeno della denatalità, un nuovo studio sembra poter rendere il dialogo sul tema ancora più complesso, aggiornando quel tasso di sostituzione standard — ci arriveremo tra poco — storicamente considerato certo al fine di evitare il declino della società: un aggiornamento certamente non in positivo e che sembra gettare una diffusa ombra sulla possibilità di sopravvivenza del genere umano nel lunghissimo termine, ma al contempo con uno spiraglio di positività.
Partendo dal principio, è bene ricordare che attualmente i dati sulla denatalità — o meglio, sulla natalità — per il nostro bel paese ci parlano di solamente 1,18 figli per donna registrati lo scorso anno, con il valore più basso mai registrato nella storia recente del nostro paese: in tal senso, l’Italia è già ben distante dal tasso di sostituzione standard che storicamente è stato fissato a 2,1 figli per donna al fine del mantenimento della specie umana.
Com’è facile intuire, il tasso di sostituzione indica il minimo indispensabile affinché una società riesca ad equiparare il numero di decessi con le nascite: il calcolo originale è piuttosto semplice e si basa fondamentalmente sul fatto che una coppia di genitori debba necessariamente mettere al mondo almeno 2 bambini che, una volta diventati adulti, andranno di fatto a sostituire la madre e il padre dopo il loro decesso.
Il dato di 2,1 figli è considerato quello più attendibile anche dalle Nazioni Unite, e in particolare dalla Divisione Popolazione, ma al contempo si stima anche che in alcuni casi il dato debba essere elevato fino a 3,4 per via dell’elevata mortalità tipica delle economie emergenti e di quelle in via di sviluppo: attualmente — o meglio nel 2023, ultimo anno di cui abbiamo dati certi — il tasso di fecondità globale era pari a 2,2 nuovi nati per ogni donna, con il valore più basso della storia e ben lontano da quel picco assoluto di 5,3 registrato nel 1963.

Lo studio sulla denatalità: ecco perché servono almeno 2,7 figli per donna per sopravvivere come genere umano
Tornando a noi, lo studio al quale facevamo riferimento all’inizio di questo articolo è stato pubblicato un paio di mesi fa sulla rivista PLOS One ed è stato condotto dai ricercatori dell’Università giapponese di Shizuoka, capitanati dal dottor Takuya Okabe: secondo i loro calcoli, attualmente — appunto, in un contesto di fortissima denatalità — servirebbero almeno 2,7 figli per donna per garantire un futuro solido al genere umano; fermo restando che il modello si applica anche alle specie animali e trova conferma in particolare in quelle in via d’estinzione.
La ragione per cui il dato dovrebbe essere rivisto ed aggiornato a quella soglia, secondo i ricercatori, è legata soprattutto al fatto che il precedente calcolo non includeva fattori determinanti come l’effettiva propensione delle persone alla genitorialità, i tassi di mortalità in costante aumento e l’innegabile possibilità che molte donne scelgano di non avere figli; mentre, complessivamente, i ricercatori credono che le popolazioni più piccole e meno sviluppate siano maggiormente a rischio rispetto a quelle grandi e sviluppate.
Ma, nella negatività dei nuovi dati, lo studio sulla denatalità evidenzia anche un fenomeno naturale decisamente interessante: in occasione dei grandi choc demografici del passato, oppure anche delle guerre e delle carestie, si è sempre registrato un considerevole aumento nelle nascite di donne, con un effetto utile per permettere la conservazione di maggiori lignaggi familiari; mentre, per ora, non sembra che questo meccanismo si sia ancora complessivamente attivato.