La decisione degli Usa di vietare l’entrata nel loro territorio a Cristina Fernández de Kirchner, allla sua famiglia e all’ex ministro dello Sviluppo Julio de Vido e alla moglie Alessandra Minnicelli, presa sia dal Presidente Trump che dal segretario di Stato Marco Rubio, con l’accusa di corruzione e relazioni discutibili con Cina, Russia, Iran e Venezuela nel corso dei due mandati dell’ex Presidente argentina, ha sollevato un caso il cui clamore è però relativo, perché da tempo gli Stati Uniti pensavano di attuarla, ma solo ora, vista l’attuale Presidenza di Javier Milei, sono passati ai fatti.
La decisione però arriva in un momento nel quale la posizione politica della Kirchner che, ricordiamo, attualmente ricopre l’incarico di Presidente del partito peronista, è quanto mai debole non solo perché non più riferimento principale dell’opposizione a Milei, ma anche per il fatto che tutti i ricorsi per tentare di bloccare non solo la sua condanna a sei anni di carcere già decisa in prima istanza, ma pure l’evoluzione degli altri 7 processi che l’attendono da anni, sono stati respinti e quindi diventa sempre più probabile la sua definitiva uscita di scena dalla politica.
Su di questo pesa inoltre un sostanziale cambio che pare evolversi sul fronte politico anti-Milei visto che i suoi successi, ma anche i suoi errori spesso macroscopici, hanno di fatto mantenuto il consenso nella maggior parte della popolazione.
Le manifestazioni organizzate spesso con l’uso della violenza, un classico del peronismo quando non detiene il potere, si sono rivelate un fiasco colossale e quindi si sta decidendo un cambio di tattica sostanzialmente basato sul dialogo, fatto lontanissimo dalla visione della Kirchner nella quale il fine giustifica l’uso di ogni mezzo e la ricerca del morto da affibbiare al potere rientra in questa filosofia.
Visto l’evolversi della situazione che pare rientrare nei binari di politiche ovvie, ma sostanzialmente sconosciute in Argentina, a questo punto il cammino di Milei nell’applicazione delle sue politiche diventa più effettivo, pur rimanendo il fattore harakiri degli errori macroscopici ma spesso infantili di un potere che dimostra a volte un’inesperienza elevata nella sua gestione.
Come scriviamo, ormai la parabola di Cristina Kirchner, co-leader di un sistema tra i più corrotti e disastrosi della storia argentina, pare arrivata a un capolinea dimostrato anche dalla sua attuale contrarietà alla nomina del giudice amico Ariel Lijo presso la Corte di Giustizia Suprema del Paese, fatto da lei sempre appoggiato in precedenza perché utile a evitare condanne.
La sua preoccupazione attuale più grande pare sia quella di evitare il carcere ai suoi due figli Florencia e Maximo, accusati entrambi di complicità in alcuni processi.
“È una cleptocrate condannata che ha rubato miliardi dalle casse dello Stato e ha permesso ad attori maligni come la Cina e l’Iran di concentrare la loro influenza corrotta su un alleato fondamentale degli Stati Uniti come l’Argentina”, ha scritto l’attuale segretario di Stato Rubio, quando era ancora Senatore della Florida, in una lettera all’allora Presidente della Camera dei rappresentanti democratici Joe Biden insieme ai colleghi Jim Risch, Rick Scott, Bill Hagerty e John Cornyn.
Quindi il peso della decisione statunitense che, ripetiamo, era attesa da tempo, unito all’attuale debolezza politica porterà sicuramente un’accelerazione della giustizia argentina nei confronti dell’ex Presidente.
Rimane il fatto che tutto ciò costituisce, mettendolo in pratica, un definitivo salto in avanti che però avviene in un Paese che ha altre problematiche gravi sempre inerenti la corruzione ma pure i traffici illeciti.
Nel corso degli ultimi 9 anni, come già anticipato in una riunione dell’Antimafia Italiana a Buenos Aires, la penetrazione mafiosa in Argentina, formata da un patto tra ‘Ndrangheta, mafia albanese e il narcotraffico, ha in breve raggiunto vertici inimmaginabili prima, visto che il Paese, rispetto ad altri latinoamericani, sembrava non essere coinvolto in questa problematica. Ora lo è… e con un’importanza talmente profonda da fare rinnovare l’intero impianto legislativo in merito.
Poco tempo fa, esattamente il 10 marzo, è stata approvata una legge, copiata dall’Italia, che in pratica aumenta a dismisura le condanne per reati finanziari connessi con l’attività mafiosa.
Nel nostro Paese ciò ha rappresentato un colpo durissimo alle attività delle cosche soprattutto a livello internazionale, e questo dimostra non solo l’ormai profonda collaborazione con l’Antimafia e le autorità italiane ma anche una volontà profonda, quasi inesistente pochi anni fa, di risolvere un cancro inserito ormai anche nella vita sia politica che nella gestione economica di un’Argentina che ora dimostra di voler attuare un cambio che le permetta di ritornare a essere protagonista sfruttando le sue immense ricchezze. In un mondo che sta radicalmente cambiando i suoi assetti sia politici che economici.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.