Il cammino dell’Argentina prosegue a piccoli passi verso il raggiungimento dell’obiettivo principale del Governo Milei: la scomparsa dell’inflazione che, nel corso degli ultimi decenni, non ha solo distrutto una nazione tra le più ricche del pianeta portandola a livelli di povertà tra i più alti del mondo, ma che è stata per tutti i suoi abitanti una vera e propria croce al punto di condizionarne le abitudini per lunghissimi periodi.
Come non ricordare quando, verso la fine degli anni Ottanta, chi scrive non riusciva a capire come mai la maggior parte degli impiegati andasse in ufficio indossando sistematicamente scarpe da tennis: ciò era dovuto al fatto che il cambio tra il peso e il dollaro fluttuava quotidianamente al punto che, durante la pausa pranzo, si mangiava velocemente per poi recarsi, correndo, verso una casa di cambio e convertire i propri soldi in dollari, unico metodo che permettesse di mantenere pressoché inalterato il potere di acquisto dei propri stipendi.
Questi e altri aneddoti segnavano la quotidianità di moltissimi abitanti che, arrivando a casa dal lavoro, si sintonizzavano sui vari telegiornali delle varie emittenti dove un giorno provai a fare zapping, contando ben 17 economisti che opinavano allo stesso tempo descrivendo le loro teorie sui movimenti di cambio ma anche sulle prospettive economiche: credo che neanche i canali televisivi di Wall Street avessero (e tuttora abbiano) tanti specialisti in economia che parlano allo stesso tempo.
Ora con l’arrivo, finalmente, di un economista al gradino più elevato del potere (parliamo ovviamente della Presidenza) le cose hanno iniziato a cambiare e dapprima quella macro e ora quella micro (parliamo sempre di inflazione) navigano su livelli mai visti per anni, ma con un’enorme differenza rispetto al passato: l’abbassamento dell’indice non solo è costante ma allo stesso tempo, come scrivevamo recentemente, tanto l’indice di povertà quanto il potere di acquisto dei salari sono mutati. Il primo riducendosi di moltissimo e il secondo ha iniziato ad aumentare di un 5% e promette di innalzarsi con il trascorrere del tempo puntando a stabilizzarsi in valore percentuale fino ad arrivare a condizioni mai viste nella storia degli ultimi 70 anni.
Se è vero che negli anni Novanta, sotto la Presidenza di Carlos Saul Menem (che segnò il ritorno del peronismo al potere dopo il 1955 quando ne venne estromesso) il valore del peso passò da dati di iperinflazione a un improvviso uno a uno (si tolsero in pratica 3 zeri dalle banconote), il fenomeno non era tuttavia legato a una dimensione reale finanziaria: semmai i soldi ricevuti dal Fondo monetario internazionale servirono non per migliorare l’economia del Paese ma per supportare un cambio fittizio che puntualmente arrivò a scoppiare una volta finiti i finanziamenti, nel corso del terribile dicembre del 2001.
Ora invece si assiste a una Banca centrale con un surplus di riserve in grado non solo di controllare il valore del cambio monetario, ma pure di far girare finalmente l’economia a livelli inimmaginabili solo poco tempo fa.
L’obiettivo di Milei è stabilizzare il valore del dollaro sui 900 pesos (quindi sotto i mille) e mantenerlo tale in modo da far sì che la moneta locale riacquisti importanza e la gente che fino a oggi conservava i dollari nel materasso apra conti in pesos nelle banche raggiungendo una stabilità mai vista che permetta non solo ai risparmi depositati di non perdere valore, ma pure di disporre di capitali tali da poter aiutare l’economia locale a crescere, favorendo la rinascita di un mercato interno che riprenda dopo anni a far circolare un certo benessere e allontani il pensiero degli argentini dai ricordi delle passate e frequenti catastrofi economiche.
Ora bisognerà vedere come procederà il piano presidenziale e se anche gli obiettivi appena descritti verranno raggiunti, approfittando anche dei vari accordi economici che l’Argentina ha firmato sia con gli Usa che con l’Ue attraverso il Mercosur.
Resta però da vedere se oltre ai successi che sta raggiungendo da un punto di vista economico, il Presidente Milei saprà anche impostare con il Pro di Mauricio Macri anche un accordo politico che eviti il suicidio elettorale nella prossima tornata del 18 maggio,
dove ci saranno importantissime elezioni per rinnovare più della metà dei seggi nella legislatura di Buenos Aires, dove inspiegabilmente si è arrivati a un conflitto tra i due partiti più importanti che potrebbe, nel caso proseguisse, provocare la vittoria del candidato kirchnerista Leandro Santoro, e quindi un ritorno al potere del partito che, dal 2003 con la presidenza di Nestor Kirchner, portò l’Argentina verso una serie di disastri economici epocali che proprio il mileismo ha saputo sanare, e anche l’inizio della corruzione più importante nella storia dell’Argentina.
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