DIARIO ARGENTINA/ Le leggi da cambiare dopo la nuova corsa al passaporto italiano

- Arturo Illia

In Argentina è scattata una corsa ad accaparrarsi un passaporto italiano, cosa piuttosto facile e che ricorda un problema del nostro Paese

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Nell’Argentina che a gran velocità sta precipitando nella crisi più nera della sua storia, sia dal punto di vista sanitario che economico e sociale, ecco che rispunta una problematica che investe direttamente l’Italia da molto tempo, ma che adesso si è acuita fino ad arrivare a livelli preoccupanti: la corsa al passaporto italiano.

Viviamo in un’epoca di grandi flussi migratori ai quali la globalizzazione ha dato una spinta notevole non soltanto per ragioni economiche, ma anche a causa di conflitti che hanno creato spostamenti di masse che fuggono da situazioni terribili e che spesso alimentano quel traffico di esseri umani gestito da mafie sia dai punti di partenza che di arrivo. Come sappiamo l’Italia è diventata il punto di approdo soprattutto per la sua estensione territoriale nel Mediterraneo che la favorisce, ma anche per la sostanziale confusione su come gestire i fenomeni che la rendono molto appetibile. Siamo talmente indecisi sulla questione che non solo non sappiamo produrre un iter che lo gestisca, ma creiamo situazioni talmente paradossali che lo estendono anche a zone del mondo molto lontane da noi quando queste attraversano situazioni di caos che spingono molti abitanti alla fuga, come appunto nel caso argentino.

E lì saltano fuori problematiche tali da far sorgere una spontanea domanda su cosa voglia dire al giorno d’oggi essere italiani e se quindi la nostra cittadinanza sia assimilabile all’appartenenza a una Nazione o si sia ridotta a una mera iscrizione a un Club di Topolino.

Già abbiamo denunciato due anni fa sia le lacune legislative che il fenomeno, gestito da sedicenti “influencer” che hanno provocato una valanga di false residenze dall’America Latina al solo scopo di attivare un diritto di cittadinanza acquisito su logiche che si potrebbero definire metafisiche, tanto da provocare indagini delle forze dell’ordine, ma ora, in piena pandemia, si è registrato un vero e proprio assalto di richieste di cittadinanza (già da anni giunte al limite) da parte di argentini con il solo scopo di utilizzare il passaporto italiano non solo per arrivare nel nostro Paese, ma anche come cavallo di Troia per poter accedere a Paesi terzi o Usa come cittadino Ue.

La cosa incredibile è che nel mezzo di questa situazione anche un famoso giornale argentino, La Nacion, ha dedicato un articolo al fenomeno non solo citando gli “influencer” ma anche dando consigli al limite della legalità per coloro che, stanchi di aspettare il turno consolare, decidano di andare in Italia a conquistarsi la cittadinanza.

Pare incredibile che mentre stranieri che risiedono da anni nel nostro Paese, ne parlino correttamente la lingua e siano ormai “italiani” a tutti gli effetti (alcuni dei quali atleti che eccellono nelle loro specialità) non abbiano ancora ottenuto la nostra cittadinanza mentre persone che mai hanno messo piede da noi, non parlano nemmeno una parola di italiano e ai quali della nostra Nazione non interessa nulla vengano nominati cittadini dopo aver trovato in un Comune italiano un certificato di un antenato di quasi due secoli fa e dopo “residenze” di pochissimi giorni!

Immaginatevi che faccia farebbe un impiegato del Consolato austriaco se mi recassi da lui con il certificato di matrimonio di un trisavolo mio che, militando nelle milizie austriache, nel 1848 si trovava a vivere in quel di Mantova e chiedessi il passaporto e la cittadinanza di quel Paese. Di sicuro chiamerebbero un’ambulanza e verrei trasferito in una clinica neurologica! Pare incredibile, ma se io fossi Argentino e un mio lontano parente italiano a partire dal 1861 si fosse trasferito a Buenos Aires, al chiedere la cittadinanza italiana non avrei nessun problema!

Chiariamo una cosa: non sono né leghista, ma nemmeno parteggio per quella frangia radical-chic che predica la società aperta e liquida senza leggi, l’accoglimento senza regole, è contro la polizia definendola un repressore al servizio dello Stato, ma quando vengono toccati i propri interessi la convoca in sua difesa oppure definisce Maduro un democratico perseguitato dal mondo occidentale, ma si guarda bene dal trasferirsi nel Paradiso terrestre del Venezuela. No, qui la cosa che mi pare veramente deprimente è il significato odierno che ha la cittadinanza italiana: da come è regolata pare veramente un’offesa per tutte quelle persona che nell’arco della sua storia hanno dato la vita per costruire il nostro Paese. Ridurla nello stato attuale è veramente doloroso, ma la colpa non può essere data ai vari furbetti che approfittano di una situazione creata dalla nostra politica che nel corso degli anni, ogniqualvolta si è tentato di sopprimere il fenomeno con regole precise, oltretutto condivise dalla gran maggioranza delle altre Nazioni nelle quali per esempio la nazionalità e trasmissibile solo a partire dalla seconda generazione, si è girata dall’altra parte. Perché regole precise in questo campo vorrebbe dire non poter contare sui circa 2 milioni e mezzo di voti delle nostre Comunità all’estero che portano all’elezione di Deputati e Senatori che le rappresentano. E che vogliono solo ed esclusivamente il passaporto subito, come promettono slogan elettorali dei loro movimenti. Spesso anche i loro eletti parlano un italiano approssimativo, ma pure tra gli elettori la lingua di Dante è praticamente sconosciuta. Per non parlare dei voti ai referendum, che dimostrano come la realtà del Paese di cui sono anche loro cittadini, avendo diritto di voto, sia totalmente sconosciuta.

Liquidare la cittadinanza in questo modo, sbeffeggiando pure chi vivendo in Italia da anni la meriterebbe, non significa aprire un Paese. Al contrario lo si distrugge: l’esperienza del Covid-19 ci sta dimostrando non solo che ci saranno processi che verranno accelerati, specie nel mondo del lavoro, verso un futuro a cui erano già diretti, ma anche che le Nazioni devono recuperare le proprie identità e rafforzarle per metterle nella causa comune che porti alla vera creazione di una Ue federativa, parte del sogno degli esiliati che stilarono il manifesto di Ventotene. Trasformare il diritto di cittadinanza nell’attuale realtà metafisica vuol dire ostacolare non solo la nostra crescita, ma anche quella di una Ue finalmente unita. Ma bisogna fare presto: livellandoci ai processi già applicati da altre Nazioni, anche facendo esami linguistici più severi (visto che con il “metodo Suarez” ci siamo resi ancor più ridicoli agli occhi del mondo) e soprattutto integrando il tutto con regimi di tassazione che vengono applicati per gli italiani residenti all’estero per motivi di lavoro o di scelte personali di vita. Qui veramente si fa l’Italia o si muore.





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