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Home » Economia e Finanza » DIETRO IL CARO ENERGIA/ Perché le Pmi sono più penalizzate delle grandi imprese

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DIETRO IL CARO ENERGIA/ Perché le Pmi sono più penalizzate delle grandi imprese

Secondo uno studio della CGIA di Mestre le piccole imprese pagano il doppio delle grandi le bollette del gas. Colpa di tasse e oneri. Ecco come rimediare

Int. Paolo Zabeo
Pubblicato 1 Luglio 2025
Ansa

Ansa

Tasse e oneri sull’energia elettrica e il gas pesano come un macigno sulle piccole imprese, molto di più rispetto a quelle più grandi, con spese oltre il 50% in più. Ma, siccome in Italia il tessuto produttivo è formato soprattutto dalle PMI, a essere in crisi da questo punto di vista è quasi tutta l’economia nazionale. Le bollette diventano un ostacolo insormontabile soprattutto per i lavoratori autonomi, ma anche per i pensionati e, in particolare, per le famiglie del Sud.


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Da tutto questo, spiega Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio Studi della CGIA Mestre, se ne esce intervenendo, appunto, sulle tasse e sugli oneri che gravano sul servizio energia, ma, a lungo andare, cambiando il nostro sistema di approvvigionamento e puntando sul nucleare di ultima generazione. Due richieste per il governo. Ne va della sopravvivenza stessa delle aziende e della serenità dei privati.


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Qual è il diverso dei costi per energia elettrica e gas tra grandi e piccole aziende italiane e come mai il gap è così consistente?

Per quanto riguarda l’energia elettrica, nel 2024 le piccole hanno pagato l’energia elettrica 218 euro al MWh, mentre le grandi “solo”, si fa per dire, 140. In buona sostanza, i primi hanno pagato il 55 per cento in più dei secondi. Per quanto riguarda il gas, invece, le piccole imprese hanno sostenuto un costo pari a 100 euro MWh, le grandi, invece, 48 euro. A fronte di questi prezzi, i primi hanno pagato il doppio dei secondi. Al netto dei vantaggi di prezzo che i grandi consumatori possono strappare ai propri fornitori, cosa che alle piccole e piccolissime imprese risulta essere molto difficile, questo differenziale è in massima parte dovuto al fatto che il peso dei costi di rete, le tasse e gli oneri di sistema hanno un’incidenza sul costo finale dei piccoli del 40 per cento, sulle grandi imprese del 17 per cento.


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I costi delle PMI sono sempre stati maggiori rispetto a quelli delle imprese più strutturate, ma ora la forbice tra di loro si è allargata. Quanto hanno influenzato la guerra in Ucraina e le crisi internazionali su questo? E le strategie europee?

Da sempre c’è un forte differenziale di prezzo tra realtà imprenditoriali che hanno dimensioni occupazionali differenti, che non è legato necessariamente alle tensioni geopolitiche scoppiate in questi ultimi anni. Una specificità che, purtroppo, riguarda tutti i principali paesi europei. Ma, a differenza di questi ultimi, in Italia l’incidenza delle piccole aziende sulla nostra economia non ha eguali in nessun altro Paese dell’UE. Quindi, la politica farebbe bene a intervenire non solo per salvare le tantissime piccole aziende che lavorano in Italia, ma anche per tutelare la tenuta economica ed occupazionale del nostro Paese.

C’è la necessità di equilibri mondiali più stabili, ma come possono agire le aziende per ridurre il peso dei costi? La formula del consorzio per acquistare quantità maggiori di energia e spuntare prezzi migliori funziona? Viene già attuata e può essere potenziata? Le grandi aziende non possono fare da collettore anche per le piccole, almeno per i loro fornitori?

Per ridurre i costi possiamo inventarci qualsiasi modalità, ma la più semplice e diretta rimane quella di tagliare drasticamente le tasse e gli oneri di sistema presenti sulle nostre bollette, che sono tra le più elevate d’Europa. Mettere assieme i piccoli per fare i cosiddetti gruppi di acquisto sono modalità nate agli inizi degli anni ’80 del secolo scorso che, purtroppo, non hanno funzionato.

Quali sono i settori ei distretti delle nostre imprese che risentono di più dei costi dell’energia e che rischio corrono per dover affrontare spese sempre più ingenti? Nelle crisi aziendali e nei fallimenti è una delle cause principali delle chiusure?

Tra i settori gasivori più a rischio ricordiamo quelli del vetro, della ceramica, del cemento, della plastica e della meccanica pesante. Quelli più energivori, invece, le acciaierie, le fonderie, la lavorazione dei prodotti alimentari, la grande distribuzione, gli alberghi, ecc. Tra i distretti industriali che in questi ultimi anni hanno subito dei forti aumento dei costi energetici, segnaliamo il vetro di Murano (VE), la carta a Capannori (LU), le piastrelle di Sassuolo (MO), il metalmeccanico di Lecco e il termomeccanico di Padova. Dati statistici che sono in grado di dirci quanto hanno inciso gli aumento dei costi energetici sull’eventuale fallimento delle piccole attività produttive non ce ne sono, certo è che è sicuramente una concausa.

Quello che è un grosso problema per le aziende lo è anche, naturalmente, per i privati cittadini. La povertà energetica è un tema importante soprattutto al Sud, quali sono i motivi? Ci sono strumenti anche per le singole famiglie per ridurre i costi, magari anche attraverso le comunità energetiche?

Le famiglie in difficoltà economica sono quelle che hanno subito, più degli altri, il disagio della povertà energetica, ovvero la difficoltà di riscaldare adeguatamente l’abitazione d’inverno, di raffrescarla d’estate e l’impossibilità di utilizzare frequentemente alcuni elettrodomestici bianchi (lavatrice, lavastoviglie, asciugatrice, congelatore, forno, ecc.). Non solista. Chi ha una disponibilità economica molto contenuta, spesso vive in abitazioni in cattivo stato di conservazione che, ovviamente, sono difficili da riscaldare/raffrescare adeguatamente. L’unica possibilità per poter aiutare queste persone è sostenerle economicamente, cosa che succede già, anche se in misura del tutto insufficiente.

Quali sono i lavoratori che risentono più degli altri di questa situazione?

Le famiglie dei lavoratori autonomi sono quelle più a rischio. Ricordo, infatti, che il 70% circa degli artigiani e dei piccoli commercianti presenti in Italia lavora da solo. Ovvero, non ha né dipendenti, né collaboratori familiari. Ergo, il caro bollette registrato in questi ultimi anni lo hanno pagato due volte: la prima sulle utenze domestiche, la seconda su quelle non domestiche, per riscaldare/raffrescare e illuminare botteghe, negozi e capannoni.

È un problema anche per i pensionati?

Certo, sono tra le categorie più penalizzate dai forti aumenti registrati dalla luce e dal gas in questi ultimi anni.

Cosa chiedono le aziende al governo per contribuire a risolvere la questione: nel breve termine è necessario un sostegno materiale per i pagamenti? E sul lungo termine quali suggerimenti arrivano dalle PMI dal punto di vista della politica energetica?

In prima battuta, bisogna ridurre drasticamente i costi delle tasse e degli oneri di sistema che gravano sulle bollette di luce e gas, continuando a diversificare i Paesi fornitori e chiedere all’UE di diventare una centrale acquisti energetici, garantendo così la sicurezza dell’approvazione, prezzi accessibili e la transizione verso un’energia pulita. Nel lungo periodo, invece, dobbiamo investire nel nucleare di ultima generazione che sembra essere pulito e sicuro.

(Paolo Rossetti)

 

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