';

DIETRO LE QUINTE/ Gli alleati insospettabili del nuovo Monti in arrivo

- int. Calogero Mannino

Conte saldamente al governo, Renzi che vuol fare il capo dello Stato, Bankitalia che si dimentica del Mes. E nuovi tatticismi in arrivo

Giuseppe Conte con Dario Franceschini (LaPresse)

Calogero Mannino osserva il presente con gli occhi esperti di chi è stato in Parlamento per sei legislature. Deputato Dc e quattro volte ministro, rimpiange i tempi in cui “quello che c’era scritto sui fogli (di Bruxelles e non solo) veniva confrontato con la carta-carbone e perfino con la copia sottostante”. Erano gli anni di Fanfani e Andreotti. Adesso invece comanda il Mes e Conte esegue. Anche grazie alla distrazione e all’impreparazione generale, da Bankitalia alla Lega. Ecco la sua opinione sullo stato di salute del governo, ostaggio di giocolieri e tatticismi.

Che senso ha, come ha fatto Conte, parlare di una verifica dopo la manovra e di un cronoprogramma fino al 2023?

La posizione di Conte è minacciata da tutte e parti e il capo del governo intende renderla sicura. Può riuscirci.

Dice sul serio?

Sì, perché se guardiamo le linee di movimento dei partner di maggioranza, l’una annulla l’altra. È un gioco a somma zero.

Un esempio?

Se a Zingaretti regalassero il voto anticipato sarebbe felice, anche perché il suo ruolo si va affievolendo, ridotto com’è a fare il fiancheggiatore di Conte. Ma nel Pd le elezioni hanno scarso gradimento.

Chi non le vuole?

Franceschini in primis. Attende sempre un segnale dal Colle più alto.

E Mattarella?

Non interferisce nella contingenza politica e segue una regola ben precisa: fin tanto che c’è una maggioranza in Parlamento queste camere non si possono sciogliere.

Veniamo a Renzi. Qual è il suo vero obiettivo?

Ha l’ambizione, sproporzionata, di diventare presidente della Repubblica.

Possibile? E come?

Cuocendo Conte a fuoco lento. Ma quale fuoco lento può cuocere Conte? Nessuno, se questa maggioranza non è modificabile.

Un proporzionale con soglia di sbarramento al 4 o 5% ha buone chances di andare in porto?

Ammettiamo che Renzi, da giocoliere qual è, sia disponibile in questo senso. Il Pd non sarà mai d’accordo, perché solo con una legge maggioritaria può coagulare il consenso che gli serve per governare, evitando un “nemico a sinistra”.

Ma allora, parlare di legge elettorale…

Serve solo ad allungare la vita della legislatura. Almeno per adesso.

La strategia?

Quella del passaggio a livello da chiudere davanti a Salvini. Fin qui ci sono riusciti. Non capendo che Salvini è un dato reale sul piano della rappresentatività degli interessi e dei problemi di questo paese.

Lo incalza la Meloni.

Col risultato paradossale che per fermare il fascismo apparente di Salvini si dà la possibilità agli eredi storici del fascismo di crescere nei consensi.

Ma c’è o no lo spettro del fascismo ritornante?

Non c’è nessun fascismo. Giocano tutti a darsi la patente della nobiltà. La verità è che queste forze politiche, tutte, sono prive di sostanza. La dimensione ideologica è tramontata da tempo. Resta quella meramente tautologica.

Vuol dire che in tempo di tatticismo esasperato tutto è possibile? Anche un patto Renzi-Salvini?

Sul piano tattico sì, su quello della prospettiva no, perché Salvini vuole vincere da solo. E Meloni può solo mettersi alla ruota del suo carro.

Forza Italia?

Il suo ruolo politico, incardinato unicamente sulla persona di Berlusconi e sui suoi interessi, si è esaurito. E Salvini lo sa.

Lo crisi di M5s quali conseguenze avrà per il governo?

Nei confronti di Conte, Di Maio ha lo stesso obiettivo di Renzi: consumarlo lentamente e privarlo di rappresentatività, impedendogli di diventare l’uomo di Grillo che riconquista i 5 Stelle. Per questo Di Maio, che sul piano tattico è furbissimo, ha recuperato Di Battista: per riunificare M5s sotto l’ombrello di Casaleggio al posto di Grillo.

Esiste un rischio scissione?

Grillo si troverà di fronte a un bivio drammatico: o convalidare la frattura di M5s lasciando che un pezzo di Movimento si incolli al Pd, o consegnare il partito a Di Maio e Di Battista, che in animo loro non amano il Pd e sanno di rappresentare un voto che rispetto al Pd è di protesta e rifiuto.

Grande questione, la crisi del Pd.

Il Pd non è riuscito a diventare forza di maggioranza perché è passato dalla rappresentanza della classe operaia a quella del perbenismo e del politicamente corretto. M5s è il frutto del rifiuto di questa mutazione. Di Maio e Di Battista lo sanno.

Vuol dire che il patto con il Pd è solo strumentale?

Certo. Se si riproponesse la possibilità, ma dopo una consultazione elettorale, di farse un governo con Salvini, lo farebbero. I simili si attraggono e si oppongono. Ma qui torniamo all’errore di Zingaretti.

Non chiedere le urne e andare al governo con Di Maio?

Sì. Il Pd si sarebbe spostato al centro, avrebbe sbaraccato i 5 Stelle e non è detto che Salvini avrebbe vinto. Invece Zingaretti ha dato retta a Bettini.

Il suo pronostico sul voto in Emilia-Romagna?

Un pareggio: Lega primo partito e Bonaccini presidente della Regione. Il vero sconfitto sarà il Pd.

E in Calabria?

È una situazione aperta. L’area di FI non convergerà facilmente su un candidato scelto dalla Lega e non è detto che il Pd sia escluso dalla corsa. Il re del tonno Pippo Callipo è uomo trasversale, e gli uomini trasversali o stravincono o straperdono.

Il Fondo salva-Stati può rappresentare un inciampo serio per il governo?

No, perché il governo riuscirà a farlo assorbire. Ma la sua ratifica sarà una sconfitta per l’Italia. Le sorti del paese saranno in mano ad un calcolo ragionieristico-tecnocratico, non politico. L’accesso al fondo sarà subordinato all’avere i conti in ordine e questa valutazione ci esporrà alla ristrutturazione del debito. Si prepara uno scenario ancor più grave dell’imposizione di Monti nel 2011.

Di chi è la colpa?

Di tutti, Lega compresa. Nel 2018 era al governo.

Secondo lei gli uomini di Salvini sapevano?

Che sapessero o no, hanno sottovalutato tutto. E sa perché? Perché è finito il tempo dei governi Fanfani e Andreotti, quando quello che c’era scritto sui fogli veniva confrontato con la carta-carbone e perfino con la copia sottostante.

Com’è possibile che Bankitalia abbia reagito così tardi?

Perché nessuno ha mai saputo niente. Una volta Confindustria e Confagricoltura avevano un ufficio di rappresentanza a Bruxelles e studiavano tutto, anche le note a piè di pagina. Forse soprattutto quelle.

Adesso invece?

Adesso siamo in un paese che non funziona più, dove regnano impreparazione e disattenzione. Lo dice il fatto che il commento di Bankitalia è stato in un primo momento di grave preoccupazione e poi di riallineamento. Il secondo intervento conferma, non smentisce la verità del primo.

Tutto questo non autorizza a pensare che il Conte 2 sia stato voluto per far firmare all’Italia questo trattato?

Purtroppo è una supposizione fondatissima.

(Federico Ferraù)

© RIPRODUZIONE RISERVATA