I cambiamenti geopolitici stanno mettendo fine all’egemonia del dollaro. Con lo scoppio della guerra in Ucraina, gli Stati Uniti hanno deciso di imporre sanzioni alla Russia e, quindi, di congelare miliardi di beni. Anziché indurre il Cremlino a fare marcia indietro, hanno accelerato quel processo, avviato da Vladimir Putin ancor prima dell’invasione dell’Ucraina, di sviluppo di una nuova valuta di riserva mondiale sostenuta in qualche misura dall’oro. Alle nazioni BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) si sono aggiunte decine di altre che vogliono staccarsi dall’egemonia del dollaro e usare un sistema di regolamento degli scambi differente. Questo nuovo gruppo annuncerà il primo step per raggiungere tale obiettivo nella riunione che si terrà alla fine di agosto a Johannesburg. In molti respingono questa prospettiva, del resto gli Usa e il dollaro hanno dominato per ottant’anni. Ma per Patrick Barron, consulente del settore bancario, con un passato da docente universitario, «non comprendono la vera economia, la vera teoria monetaria e la vera statistica internazionale».
Nella sua analisi sul sito del Mises Institute, think tank austriaco a favore del libero mercato, evidenzia come gli Stati Uniti si siano fatti affascinare «da tre concetti distruttivi». Il primo è la teoria keynesiana, che sostiene l’intervento pubblico a sostegno della domanda tramite politiche monetarie e/o fiscali espansive; il secondo è la teoria monetaria moderna, secondo cui «gli Stati sovrani non potranno mai andare in bancarotta grazie alla loro capacità di stampare tutto il denaro di cui hanno bisogno»; il terzo «è la vera e propria arroganza degli Stati Uniti dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, che si degnano di cancellare intere nazioni». Ma questo può finire con il progetto di riforma monetaria dei Paesi BRICS. «A quel punto, gli Stati Uniti cominceranno a perdere amici finché anch’essi non riacquisteranno a malincuore la ragione e torneranno all’oro, agli affari onesti e a una politica di Stato onesta e rispettosa».
DOLLARO, LA MINACCIA (FALLITA) DELLA GERMANIA
Nella sua approfondita analisi sul sito del Mises Institute, l’economista Patrick Barron ricorda come la Germania si è allontanata dalla leadership monetaria. A metà degli anni 2010, infatti, era sicuro che i tedeschi avrebbero abbandonato l’euro per ripristinare il marco tedesco. Una mossa che avrebbe provocato il collasso dell’eurozona e reso il marco tedesco la moneta di scambio preferita in Europa, minacciando forse il dollaro per il dominio delle riserve mondiali. Ma niente di tutto ciò è accaduto. «La Germania sapeva e temeva che in tutto il mondo sarebbe suonato il campanello d’allarme che, ancora una volta, la Germania stava sorgendo e avrebbe dominato l’Europa». Quindi, la Francia si sarebbe ritrovata a scegliere di adottare il marco tedesco o di far tornare il franco francese. Inoltre, sarebbe stata tagliata fuori dal commercio internazionale se non avesse riformato il suo insostenibile sistema di welfare. Inoltre, la Francia beneficiava di sussidi, in particolare all’agricoltura.
Quindi, sarebbero state necessarie riforme. Ma la Francia aveva qualcosa che la Germania non aveva: armi nucleari. «Il controllo indipendente del proprio arsenale nucleare era la posta in gioco minima per giocare il gioco della valuta di riserva». Barron si chiede, dunque, il motivo per il quale la Germania, pur avendo rinunciato alle armi nucleari, abbia acconsentito a rinunciare al marco tedesco per adottare l’euro. «All’epoca, la Germania voleva riunire la Germania Est e Ovest. I francesi, che detenevano legalmente il potere di veto su una simile mossa, posero l’adozione dell’euro come condizione per la riunificazione». C’è un altro grande evento geopolitico rilevante secondo Patrick Barron: la salita al potere in Cina di Deng Xiaoping dopo la morte di Mao Zedong. Infatti, aprì una stagione di ampie riforme economiche capitalistiche che resero la Cina rivale Usa in termini di potenza economica. Con Mao aveva ottenuto armi nucleari, così acquisti un altro ingrediente per sfidare il dollaro americano: una grande economia.