TRA COVID E APPALTI, LE TELEFONATE ALL’EX COMMISSARIO ARCURI: “DAI PARTITI PICCOLI…”
Ex n.1 di Invitalia, ex commissario straordinario per l’emergenza coronavirus durante i primi anni di pandemia, e ora anche “ex” indagato: Domenico Arcuri con l’assoluzione nel processo per abuso d’ufficio si è tolto un gran peso dopo l’archiviazione imposta per l’eliminazione del reato dal codice penale (previsto dalla riforma Nordio). Quello che però emerge nella sua prima intervista da anni a questa parte – dopo un’assenza in parte dovuta alla scarsa “popolarità” che aveva raggiunto quando era in carica come responsabile unico dell’emergenza Covid (dai banchi a rotelle alle “Primule” per i vaccini) – sono importanti rivelazioni sulle telefonate che riceveva durante il suo difficile mandato.
Catapultato dal Governo Conte alla guida della complessa macchina d’emergenza, Arcuri intervistato da “La Repubblica” svela di aver ricevuto pressioni nell’intenso periodo degli acquisti necessari per affrontare la pandemia Covid: «molti errori sono stati commessi», ammette l’ex commissario, che però ricorda come diverse telefonate sono state fatte in quei mesi a lui e ai suoi collaboratori con svariate proposte di fornitura. Arcuri non fa i nomi ma dice che anche molti politici hanno provato ad entrare nella fase appaltatrice di mascherine, respiratori e altri strumenti anti-Covid: a provare ad inserirsi negli acquisti vi sarebbero stati sia politici “lontani” dalla gestione dell’emergenza, ma anche «chi faceva parte di formazioni politiche più piccole». Arcuri però garantisce che tutti questi tentativi e queste telefonate sono state gentilmente respinte al mittente, senza alcun tipo di favoritismo né di appalto poco “chiaro” concesso.
ASSOLTO PER REATO ABOLITO, IL FASTIDIO DI ARCURI: “NON HO MAI FATTO NULLA DI MALE”
Detto questo, l’ex commissario all’emergenza Covid – sostituito poi dal Governo Draghi con il generale Figliuolo – ammette che diversi errori sono stati fatti fin dai primi istanti della pandemia esplosa in Italia, così come nella gestione successiva assieme a Governo Conte e Protezione Civile: sempre a “Rep” è Arcuri a sottolineare che l’errore commesso sempre in buona fede è stato comunque “limitato” e senza sfociare in qualsivoglia reato (anche se l’attuale Commissione Covid dovrà cercare di appurare una seria ricostruzione di fatti con eventuale catena di errori).
Secondo la linea dell’assolto Arcuri i fatti raccontano ad oggi che non si hanno rinvii a giudizio per peculato, favoreggiamento o corruzione, nonostante la macchina organizzativa messa in piedi durante l’emergenza coronavirus abbia smosso decine di miliardi di euro tra dispositivi anti-Covid, mascherine, respiratori e quant’altro. Si difende nelle difficoltà delle prime fasi di vaccinazione, si difese su zone rosse e lockdown, ma ammette a livello generale l’impreparazione davanti all’imbattersi di una reale pandemia è stata completa. «Eravamo completamente impreparati, come in tutto il mondo»: lo Stato, la Protezione Civile, gli ospedali stessi, «bisognava comprare tutto e avevamo un quarto dei posti in terapia intensiva della Germania». Nonostante sia stato assolto per mancanza ora di reato (l’abuso d’ufficio), ad Arcuri non va giù che sia stato questa la modalità di evitare il processo: «Sapevo di non aver fatto nulla e volevo un’assoluzione nel merito», ma alla fine il proscioglimento è però arrivato per una via traversa.