Il testo inedito di Don Giussani ai ragazzi: l’educazione passa dalla “vita propria” (che resta però di un Altro)
Come ha di recente spiegato il Presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione Davide Prosperi nel messaggio di cordoglio per la morte di Papa Francesco, il carisma di Don Luigi Giussani nella storia del Movimento di CL è alla base del riconoscimento della Chiesa sull’opera educativa e umana del Servo di Dio con in corso la Causa per la Beatificazione. E così, a pochi giorni dai funerali del Santo Padre, su “Avvenire” viene pubblicato un testo inedito di Don Giussani inserito nel nuovo volume in uscita ad aprile 2025, “L’incontro che accende la speranza”. Si tratta di una serie di scritti frutto del dialogo in assemblea con i giovani universitari di CL negli Esercizi Spirituali del 1985, dove emerge una volta di più la preoccupazione educativa che muoveva il sacerdote originario di Desio.
A 20 anni dalla morte di Don Giussani stupisce ancora quello sguardo umano che penetrava l’animo di chi lo incontrava, quella semplicità della ragione che non lascia scampo ad indifferenza: «Dobbiamo odiare di ripetere le cose perché ci vengono fatte ripetere». Parole dette 40 anni fa ma attualissime oggi, tanto nella Chiesa quanto nella vita di tutti i giorni, dove spesso un velo di “moralismo” ammanta l’esistenza di cose “da fare” o “da dire”: per Don Giussani la preoccupazione era che i giovani soprattutto potessero e dovessero farsi una loro vita, «la vita deve esser fatta nostra».
Sebbene la vita di ognuno provenga da “un Altro”, da quel Mistero fattosi carne e rivelatosi nella resurrezione di Gesù, serve che ognuno di noi possa fare come “propria” l’esistenza e le sue scoperte, «questo è il possesso e la libertà». Non è possibile pensare ad una umanità vera senza la passione per la verità, senza desiderare, senza alcun ideale, senza il fascino della ragione che scopre la verità ultima della realtà. Secondo Giussani, per come lo spiegava ai ragazzi del CLU, serve riempire di continuo le “parole” incontrate nella propria vita, altrimenti rischiamo «di perdere il senso», sia fuori che dentro l’esperienza della Chiesa.
“L’amore ridà l’ampiezza delle nostre esigenze umane”: cosa scriveva Don Luigi Giussani nel 1985
Serve un incontro, una realtà affettiva, un amore sincero perché possa ridare l’impazienza delle esigenze umane: così ancora Don Luigi Giussani nello scritto inedito pubblicato oggi dal quotidiano della CEI, sottolineando il gesto d’amore che sottendere la compagnia e l’amicizia testimoniata dal suo carisma in Comunione e Liberazione. Serve aiutarsi a mantenere al livello educativo di richiamarsi al “fare propria la vita”, è una fatica quella che matura la compagnia secondo Don Giussani: «Dobbiamo ridare tutta l’ampiezza originale alle nostre esigenze».
Come diceva Ungaretti e come racconta anche Bergson, la natura dell’uomo è quella di amare e desiderare, di giungere alla verità senza accontentarsi di “compromessi” al ribasso: «C’è un meccanismo, di cui l’uomo è fatto, che non può essere bloccato; ma, se non è riconosciuto nel suo significato, allora è senza amore, è un desiderio senza amore». Il punto per Giussani è riconoscere l’altro, riconoscere ciò che si ha di fronte, riconoscere l’origine della Verità ultima: e per farlo non serve un meccanismo né un ragionamento, ma un semplice riconoscimento d’amore. Quando invece si ha un desiderio senza amore si applica un meccanismo che non riconosce, in cui ultimamente perdere sé e il senso stesso del reale.
