Sulla rivista online Barbadillo.it, una interessante intervista al regista Pupi Avati. E’ incentrata sul tema del matrimonio, prendendo spunto dalla serie televisiva dello scorso anno intitolata appunto Un matrimonio da lui firmata. Avati, sposato da quasi cinquant’anni, spiega che ha avuto il suo momento di crisi per via di un tradimento dopo il quale venne anche mandato via, ma fortunatamente, spiega, venne riaccolto. A proposito della serie televisiva, dice che voleva raccontare una storia tramite un fine, quello che è comune a molti suoi film, far conoscere qualcosa agli altri perché possa essere di aiuto. Gli viene chiesto se il suo essere cattolico gli causa un boicottaggio: “Dichiarare la propria fede, raccontare di essere praticante, dire che vado in chiesa tutti i giorni e che mi siedo sulla panca dove stava mia madre, e farlo apertamente, qualche difficoltà può creartela. Tanto più se dico che non mi importa nulla dei problemi di Matteo Renzi. Alcune persone ti considerano una vittima della religione, un ingenuo, e a volte, come ho già detto, un conservatore rimbambito. Per fortuna, papa Francesco oggi ha posto l’attenzione della Chiesa sulla famiglia. Per dirla con Heidegger: ‘ormai solo un dio ci può salvare’” spiega. A proposito dei matrimoni di questi ultimi tempi, dice come siano caratterizzati dal crollo davanti alle prime difficoltà e che negare ai figli il nucleo familiare è colpa molto grave. Infine dice che la tradizione, ad esempio il mondo rurale in cui lui è cresciuto, è fondamentale.