Serve la moviola calcistica per capire come siano andate le cose intorno alle due foto storiche scattate a margine dei funerali di Papa Francesco, ma forse neppure quella basta. Perché dal punto di vista politico non è affatto irrilevante comprendere come sia andata, chi abbia avuto l’idea e chi abbia deciso che a sedersi a parlare fossero solo Trump e Zelensky.
Tre soltanto le certezze. La prima, che le foto sono state diffuse dallo staff ucraino, in modo fulmineo quella a due, con più calma quella in piedi, con anche Macron e Starmer. La seconda: che Meloni era lontanissima dall’azione di gioco, era già seduta in piazza, al posto assegnato dal rigido cerimoniale vaticano. La terza è che le foto, subito arrivate sul suo telefonino, le sono risultate estremamente indigeste. Da qui in poi si entra nell’incertezza.
L’esame dei video, diffusi qualche ora dopo, solleva infatti parecchi dubbi e dà adito a narrative contrastanti. Da parte francese si lascia filtrare che era tutto previsto, lasciando intendere che quell’immagine a quattro, che ha fatto sobbalzare Meloni, faccia parte di una strategia diplomatica che sull’Ucraina taglia fuori Roma, considerata troppo allineata alla Casa Bianca. Meglio – sussurrano dall’Eliseo – un formato “E3”, con Francia, Gran Bretagna e Germania unici interlocutori di Trump.
Ora, a parte che la Germania in quella foto non c’è (non regge la spiegazione che Scholz è agli ultimi giorni alla Cancelleria), le immagini suggeriscono che Macron avrebbe voluto sedersi, ma si allontana dopo un fugace conciliabolo con il presidente americano. Come a dire: “Emmanuel, per favore, lasciaci soli”.
Per di più, Starmer si avvicina davvero per pochi secondi agli altri tre, prima di dirigersi verso l’uscita della Basilica di San Pietro. La fotografia, quindi, pare un capolavoro di propaganda, più che la certificazione di chi conti e chi no nella trattativa sulla pace fra Mosca e Kiev.
Un fatto è che fra Meloni e Macron siamo di nuovo al grande gelo: quando si sono incontrati nel settore autorità non si sono neppure stretti la mano. Al contrario, il presidente francese ha salutato cordialmente l’ex premier Renzi.
Per di più, che Macron e Starmer dopo la cerimonia abbiano avuto colloqui bilaterali con Zelensky non ha certo contribuito a rasserenare il clima. Poco conta che il presidente ucraino sia passato anche da Palazzo Chigi. A essere tagliata fuori dalla trattativa Meloni non ci sta, e continua a ritenere un clamoroso errore il tentativo di costruire una “coalizione dei volenterosi” per organizzare una presenza militare in Ucraina: pensa che sia una mossa che Mosca non accetterà mai, ritenendola ostile al massimo grado, e quindi farà di tutto per ostacolarla.
Il buon rapporto con Trump, dimostrato dall’essere uscita indenne dallo Studio Ovale il giovedì santo, rimane il principale asset su cui Meloni intende continuare a fare leva. Anche perché l’Europa con l’amministrazione USA ha un altro tema scottante da affrontare in fretta, quello dei dazi. E nel giorno dei funerali di Papa Francesco è miseramente naufragato il tentativo di Ursula von der Leyen di entrare nel “gruppo di testa”: più di una frettolosa stretta di mano e di un generico impegno a rivedersi non è riuscita a strappare al presidente americano. Non a caso il giorno dopo le esequie la numero uno della Commissione UE è tornata a sentirsi al telefono con Meloni, di cui non potrà fare a meno.
Difficile che il sogno di un vertice USA-UE da tenersi a Roma entro maggio si concretizzi, visto che in troppi fra i partners comunitari remano apertamente contro. Meloni continua ostinatamente a sperarci, e a farlo rilanciare dai nostri diplomatici.
Ma anche se l’idea finisse per essere accantonata, resterebbe il suo ruolo di canale privilegiato di dialogo fra le due sponde dell’Atlantico. In fondo – è la convinzione che filtra da Palazzo Chigi – quando la trattativa entrerà davvero nel vivo sarà inevitabile che i due grandi filoni, dazi e pace in Ucraina, finiscano per intrecciarsi. E influenzarsi vicendevolmente. Consentendo alla premier italiana di prendersi la rivincita su chi a Roma ha tentato di isolarla, facendo di tutto per dimostrare, anche solo con una foto, un’irrilevanza di Roma che Meloni non può accettare.
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