Giochiamo a fantapolitica ed immaginiamo che un alto magistrato con posti di vertice in procure importanti e alla Direzione nazionale antimafia (DNA) si metta d’accordo con (almeno) un ufficiale della finanza e cominci a far intercettare tutto l’intercettabile su esponenti della sinistra passandoli sottobanco a Il Giornale o a Libero, ovvero a testate di centro-destra, per creare dossier e veleni per poi avviare i relativi scoop giornalistici. Vi immaginate lo scandalo, lo sconcerto, le polemiche?
Fantapolitica, ma se la applichiamo al suo esatto contrario è la pura, semplice e sconcertante realtà di Perugia, dove però gli intercettati sono appunto esponenti di governo e il quotidiano ricevente le news sottotraccia, per costruire i relativi dossieraggi, è Domani, testata nelle mani della famiglia De Benedetti che – si sa – non è esattamente su posizioni di destra.
Non basta: quando la procura di Perugia – cui sono affidate le indagini – si rende conto che è in atto un forsennato tentativo di nascondere le prove, chiede gli arresti domiciliari di alcuni indagati ma – oplà – il gioco delle carte si rovescia e il Gip rifiuta gli arresti.
“Un verminaio” è il commento del procuratore di Perugia Raffaele Cantone, che da mesi segue la vicenda e che contro la decisione del Gip ha ora presentato ricorso al tribunale del riesame.
Mentre i galli sono da tempo scappati fuori dal pollaio o hanno imboscato i vermetti, la realtà supera comunque la fantasia, anche perché ad oggi solo i difensori degli indagati conoscono (da poco) le carte, non certo l’opinione pubblica, che vorrebbe invece saperne qualcosa di più, ma si ritrova davanti al classico muro di gomma. Sarebbe invece interessante conoscere soprattutto i nomi dei “mandanti”, ovvero chi ci sia dietro a questo teatrino che – in parole povere – è stato scientemente messo in piedi innanzitutto per spiare avversari politici, ma anche, probabilmente, per conoscere misteri finanziari, gossip, materia sensibile per fare affari e poi da agitare, alla bisogna, davanti al ventilatore delle calunnie.
Tutto era partito, qualcuno lo ricorderà, da un esposto del ministro della Difesa Crosetto che aveva annunciato in parlamento di essere “spiato”, con l’avvio di un’inchiesta che ha visto coinvolte persone che avrebbero dovuto invece stare dalla parte dei “buoni”, ovvero di quegli inquirenti che per mestiere dovrebbero scoprire i “cattivi” e metterli in posizione di non nuocere. Solo che se i “cattivi” non sono tali perché hanno commesso reati, ma solo perché sono avversari politici, ecco che l’inchiesta rischia di diventare un problema per forze politicamente a sinistra e relativi supporter, tipo Carlo De Benedetti.
Quindi (e parliamo di mesi fa) come fosse un fiume carsico, lo scandalo primaverile dei dossieraggi è stato subito messo sottoterra, non se ne è parlato più, sparito dalle cronache in attesa magari di futuri insabbiamenti ufficiali.
Invece, nonostante il silenzio ufficiale (che dovrebbe essere la prassi di ogni indagine penale, ma è così tante volte violato che addirittura ora ci si stupisce del contrario) le cose non sembrano essere andate del tutto così, tanto che lo scandalo si è allargato pur rimanendo appunto sottotraccia (e sottoterra) finché non è emersa come un geyser la notizia della richiesta degli arresti, ma clamorosamente ora bloccati dal Gip con la motivazione che le indagini sono ancora in corso, gli indagati messi in posizione di non nuocere e che quindi il loro arresto, pur solo ai domiciliari, non servirebbe a nulla. Se ci pensate è l’esatto contrario del ragionamento del Gip di Genova nell’inchiesta contro Toti.
Domandina: ma se so di avere commesso un reato e vorrei soprattutto ora nascondere le carte e le prove che potrebbero inchiodarmi, l’essere bloccato ai “domiciliari” non mi impedirebbe di farlo, o per lo meno non me lo renderebbe più difficile? Forse sì, ma il Gip perugino non ne è convinto, è uno di quelli di manica larga, e quindi dice di no. Succede.
Al netto del tanto fumo disperso nell’aria e degli evidenti tentativi di metterci una pietra sopra cerchiamo di rimanere ai fatti e soprattutto ai mandanti. Spiare con gli attuali mezzi tecnologici (e soprattutto disponendo della banca dati della DNA) può essere perfino facile, ma perché e – soprattutto – per chi è stato fatto?
Qui sta il punto politico prima ancora che giudiziario e che evidentemente molti non avrebbero nessuna voglia di approfondire; forse temendo che – risalendo man mano tutta la filiera – si potrebbe arrivare a nomi importanti e delicati, sia nella politica che della finanza.
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